18 OTTOBRE 1621: SERRACAPRIOLA, CONVENTO DEI PADRI CAPPUCCINI
    È l'alba del 18 ottobre 1621.
    In una celletta del Convento di Serracapriola finisce i suoi giorni Giovanni Leonardo Masciotti. Era nato in Gugiìonesi il 5 novembre 1577 da Francesco Masciotti e Maria d’Aloisio ed il 27 gennaio 1593 aveva ricevuto il saio di San Francesco ed il nome religioso di “Crisostomo da Guglionesi” proprio nel Convento serrano, al tempo sede di Noviziato, dalle mani di padre Francesco da Vico (del Gargano), Maestro dei Novizi[1].
    Nel percorso monastico padre Crisostomo è stato Superiore dei Conventi di Foggia, Vico (del Gargano), Venafro, Agnone e Serracapriola; in questi due ultimi monasteri è stato anche Maestro dei Novizi. Nel Capitolo di Agnone (1620), convocato da Clemente Di Lorenzo da Noto[2], Ministro Generale dell'Ordine Serafico Cappuccino, padre Crisostomo fu scrutinato 2° definitore (Provinciale eletto fra Girolamo da Napoli). Alla celebrazione del Capitolo intermedio dell'anno 1621, riunitosi in Campobasso su richiesta ed a spese della devota Violante della Rosa, padre Crisostomo «vi si volle trascinare a’ piedi con infinito suo disagio, e con molta comprensione di chi lo vedeva, e allo stesso modo si portò alla Serra[capriola], dove restò destinato di famiglia. Né si può spiegare quanto giubilo apportasse a tutti quei contorni l'andata colà del padre Crisostomo ricevuto da tutti quei terrieri come un Angelo venuto dal cielo, sperando (che) per Ii meriti del gran Servo di Dio, al loro paese (venisse elargita) ogni più larga benedizione, a loro spirituale e temporale vantaggio».
    Più che con gli eruditi padre Crisostomo amava parlare «con la gente semplice dei campi». «A frotte» il popolo di Dio raggiungeva la chiesa del Convento serrano per cogliere «l’edificante» parola del frate guglionesano.
    Da San Martino [in Pensilis] «muovevano i ducheschi passi» Francesco Pignatelli di Bisaccia e Vittoria di Capua, sua consorte, diretti a Serracapriola; Andrea Gonzaga, rampollo di Ferrante Il Gonzaga, Signore di Serracapriola, ogni qualvolta si fermava nel feudo paterno, incontrava padre Crisostomo che i serrani ritenevano e stimavano «da santo» e, con lui colloquiando riceveva «la sensazione di parlare, non con un uomo, bensì con un angelo». '

   [1] Maestro dei novizi nell’anno 1593 è padre Francesco da Vico [del Gargano] che il 21 maggio 1609 cessa di vivere in Vasto. Fu guardiano di Serracapriola (1596), luogo ove viene elevato a Superiore di Sant’Angelo dai Capitolari riunitisi nell’anno 1606 su invito di fra Berardino (Majolo) d’Asti, Provinciale in carica, dimissionario per «età cadente» (m. Bologna, 2 marzo 1608).
   Nel fluire degli anni il Convento di Serracapriola (fondazione 1536) è stato più volte Sede di Noviziato,
   Nel secolo XVI (anni 1571 - 1590 - 1592 - 1596 - 1599), tra gli altri, furono Novizi:
   Pietro da Venafro, chierico, deceduto in Manfredonia il 1° febbraio 1596;
   Pietro da Lucera, presbitero, mancato in Lucera il 2 gennaio 1633 (Guardiano di Serracapriola nel 1625 e Ministro Provinciale di Santi/angelo, triennio 1614 - 1616);
   Modestino da Avellino;
   Salvatore da Cagnano (Varano), laico, trapassato in Rodi (Garganico) il 7 maggio 1606;
   Paolo da Venafro, presbitero;
   Pardo da Larino, spirato in Vasto il 20 giugno 1626 (l’8 ottobre 1581 viene «vestito de’ panni della probatione, per le mani del Maestro Angelo da Tuora» (Toro, CB) che gli impone il nome del Patrono di latino, luogo di provenienza del novizio.

   [2] Clemente da Noto effettua la visita canonica nel Convento di Senacapriola; nel mentre il suo Consigliere ed accompagnatore, padre Bonaventura, presbitero di Provincia ignota, si ammala e, dopo due giorni di agonia, muore «al cospetto» del Ministro cappuccino.



   19 LUGLIO 1862 FOGGIA
    In Torino Capitale, il Parlamento italiano, da Iì a giorni, dovrà discutere la concessione dei lavori della ferrovia San Benedetto del Tronto-Otranto nella sezione Termoli - San Severo. A tale proposito il Prefetto di Capitanata, Gaetano Del Giudice indirizza al Ministro del Lavori Pubblici, Agostino Depretis un suo rapporto “critico"a| percorso della costruenda tratta. Traendo spunto dalle doglianze del Municipio di Serracapriola, del Giudice segnala al Ministro che il percorso de quo, come tracciato dalla società Rothscild-Talabot e approvato da Ubaldino Peruzzi de‘ Medici predecessore nello stesso Dicastero, si snoda «lungo un deserto littorale per 20 miglia e poi, per altre 10, fra terre, deserte, «anch'esse, fino al suo arrivo in San Severo senza toccare una sola città, «né a breve né a discreta distanza...». Spostando invece il percorso all'interno dello stesso territorio, sia del basso Molise che dell'alta Capitanata, la ferrovia sarebbe divenuta «legame ed esca di commerci e di civiltà e «fonte di lavori per numerose popolazioni» indigene. A rafforzare la sua tesi del Giudice ipotizza «possibili interessi privati nella scelta» dell'itinerario ferrato, “interessi" di cui sollecita il rigetto, pur considerando che essi coincidono con i suoi perché proprietario di terreni e masserie dislocate lungo lo stabilito tracciato.
    La “sollecitazione" prefettizia, pur sorretta dalle Deliberazioni della Deputazione Provinciale di Capitanata e dei Municipi interessati allo spostamento del tracciato restò vox clamantis in deserto.
    La tratta Termoli - San Severo restò fissata al tracciato originario messo in esecuzione dalla giovane “Società italiana per le Strade Ferrate Meridionali" (Presidente: conte Pietro Bastogi; vice presidente: barone Bettino Ricasoli, barone Giovanni Barracco) alla quale era stata data in concessione con Legge numero 763 del 21 agosto 1862 (G.U. 22 agosto 1862).
    Perché il fumo delle Vaporiere lambisse le sue mura, Serracapriola, con la sua gente, con i suoi Decurioni, con i suoi “fig|i" più “in" emigrati a Napoli, si mobilitò compatta; «nel 2 e 3 settembre 1861, nel 29 aprile e 1 agosto 1862 furono fatti voti e proteste vive».
    All'epoca dei fatti, la vox populi sussurrò di bocca in bocca che, nella scelta del percorso, avesse influito l’operato energico e... “munifico” del Principe Torella di Ripalta. «Pare -invece- che prevalsero ragioni di opportunità» perché con oculata lungimiranza, l'interesse principale era «di allacciare l'alta Italia con Foggia, e la linea litoranea», anziché quella interna, «pareva più breve, più facile, meno dispendioso» a farsi.

   5 OTTOBRE 1863 = NAPOLI
    Al Passo di Civitate tra San Paolo e Serracapriola la Ditta inglese “Tommaso Riccardo Gubby e C.” sta costruendo un ponte di ferro sul fiume Fortore al momento superabile a guado. Un'opera fortemente caldeggiata dagli Amministratori provinciali di Capitanata, Abruzzo e Molise e «da tutti i “buoni” che hanno visto miseramente perire fra le acque della ‘fiumara” padri di famiglia, animali armentizi...» per dare sicurezza e rapidità ai passaggi tra le due sponde fluviali.
    A|l’innovazione, alcuni briganti del post-unitario soliti bivaccare nelle intricate adiacenze del fiume “non ci stanno”, i loro “rifugi” sarebbero divenuti facile bersaglio delle forze di repressione messe in campo dal neonato Regno d'italia. E, per ostacolarne la realizzazione, essi minacciano il rapimento dei tecnici della “Guppy e C." che sovrintendono ai lavori e poi chiedere ingenti somme di denaro per il loro rilascio.
    La “Guppy e C." il 5 ottobre 1863 scrive a Vincenzo d'Ambrosio (1813-1903), “giorna|ista" e politico di San Severo, nato da Felice d'Ambrosio e dalla serrana Maria Adelaide d'Uva, chiedendogli «di controllare periodicamente l'andamento dei lavori» in corso al Fortore e «di riferire eventuali sue osservazioni» in merito.

   15 NOVEMBRE 1963 = ROMA
    Il sottosegretario di Stato alla difesa, Gustavo de Meo da Serracapriola, scrive a Primiano Magnocavallo, Consigliere provinciale di Capitanata per il Collegio Elettorale di Serracapriola che in tale veste Io aveva interessato di essere “intervenuto” «vivamente, presso il Presidente dell'Enel» (Ente Nazionale per l'Energia Elettrica) per perorare il «cambiamento del voltaggio» nell'impianto elettrico della nuova pubblica illuminazione di Corso Garibaldi e Piazza della Libertà (già “Piazza della Rivoluzione”, n.d.a.), da 220 a 380 volts. (Roma, protocollo nr. 101/7-CO/gb). Il Presidente Enel, Vito Antonio Di Cagno, il 24 dicembre 1963 (Roma, protocollo nr. 4278 SL/ef.) comunica alI’Onorevo|e de Meo che «il nuovo impianto pubblico» nelle località segnalate «è stato alimentato da circa quattro mesi con tensione a 220 volts e non è possibile effettuare
   il passaggio a 380 volts» e perché non c'è un sistema di alimentazione per l'illuminazione pubblica» con tale voltaggio, e perché, anche se così si volesse operare, «i risultati (!!!) non cambierebbero minimamente».
    Nel contempo, Di Cagno «precisa» a de Meo che il «nuovo impianto fatto costruire dal Comune» di Serracapriola «da un’impresa locale presenta molti inconvenienti tecnici» per cui la «ex UNES, mancando il verbale di collaudo, non ha potuto ancora assumerne la manutenzione».
   20 Giugno 1963 Serracapriola
   L’ettricista serrano Fortunato (Nètucce) Vescovi mette a punto l‘impianto della nuova illuminazione di Corso Garibaldi (18 pali metallici, a braccio parabolico: inizio lavori 6 agosto 1962).
   Serracapriola
   Vescovi (1933-2010), primo a destra, con altri addetti alla realizzazione dei nuovi “punti luce” di Corso Garibaldi e Piazza della Libertà