Relazione tecnica degli architetti Lucio Rutica ed Enrico Valente, progettisti anche della fase finale della ristrutturazione di Palazzo Arranga, ritornato a sede del Municipio di Serracapriola.


Prologo


“... così come appare nel suo aspetto attuale, questo non è l’unico mondo che esista! Di conseguenza, con sguardo acuto, l’artista penetra le cose che la natura gli pone già formate sotto gli occhi. Quanto più guarda in profondo, tanto più facilmente egli collega i punti di vista di oggi a quelli di ieri, tanto più si imprime in lui, al posto dell’ immagine definita dalla natura, la sola immagine essenziale della creazione come genesi.
Egli si permette anche di pensare che la creazione non può essere oggi interamente terminata ed estende così questa azione creativa dal mondo del passato al futuro. In tal modo egli conferisce alla genesi una durata. ... questo mondo ebbe un aspetto diverso e ne avrà ancora un altro diverso.”

Paul Klee:


A - Il gioco sapiente della genesi continua.


Il restauro e il recupero funzionale di un monumento, in quanto intervento sul corpo ancora vivo e presente della storia da trasmettere al futuro, costringe progettista e committenza a fare chiarezza nei propri saperi e nei propri intenti.

La storia, specie se esibita dalla stanca fisicità di un manufatto antico, risulta complessa e piena di contraddizioni. Riannodarne il sottile filo rosso della continuità non è atto semplice e ripetitivo eseguibile sotto l’ala rassicurante di improbabili certezze disciplinari. Ogni intervento comporta soluzioni legate alla specificità storica e formale del monumento, alla sua percezione collettiva, al magazzino della memoria e, soprattutto, ai nuovi valori che la committenza intende immettervi, ponendosi, in ogni caso, come atto progettuale.

In tal modo anche il restauro, escludendo la semplicistica dicotomia tra ignoranza e idolatria della storia, convergenti entrambi alla morte dell’oggetto, si inserisce nella travagliata ricerca della tradizione del nuovo, che supporta, dal movimento moderno ad oggi, la sublime sotterranea resistenza all’annullamento di ogni confronto tra luoghi, monumento ed edilizia nuova, tra storia e memoria locale, tra antichi e nuovi valori. Occorre, in sintesi, riconquistare la capacità di saper pensare, e per immagini, nuovi usi per oggetti urbani altrimenti destinati a diventare inesorabilmente i nuovi ruderi della città contemporanea.

Castel Sant’Angelo a Roma, passato da tumulo sepolcrale a città archeologica ancora pulsante di vita, è un mirabile manuale in pietra di progettazione e attesta la capacità di un monumento di accrescere la propria identità nelle trasformazioni del paesaggio urbano circostante.

Palazzo Arranga non è Castel Sant’Angelo, ma le immagini di cantiere testimoniano lo sforzo di restituire comunque alla memoria e all’uso della comunità un monumento capace di narrarsi e di riavviare il cammino della storia.


B – La pietra messa a nudo, anche.


B.1 – La storia dell’edificio

La complessa storia dell’edificio, esibita dalle tormentate successioni e sovrapposizioni delle aperture di facciata, è stata ricostruita, in mancanza di documentazione storica originale, attraverso rilievi, analisi tipologiche comparative e valutazioni sulla diversità delle tecniche costruttive e dei materiali utilizzati.

L’edificio, attualmente di forma trapezoidale, nasce alla fine del 700 come presidio residenziale degli Arranga, feudatari del Regno di Napoli, e si articola su tre livelli fuori terra, di cui il primo seminterrato.

L’intervento degli Arranga, che interessa il secondo e il terzo livello (piano terra e piano primo) si sovrappone a più unità tipologiche preesistenti, costituite da monolocali con volta a crociera e sottotetto con coperture in legno. Questa tipologia modulare, tipica della zona di prima espansione fuori le mura, si legge ancora integra al primo livello nei due piani ammezzati con accesso da via Giannone, identificabili con i sottotetti delle preesistenti unità abitative. Di altezza inferiore ai due metri, questi due ambienti risultavano coperti ognuno da due volte a botte, realizzate in funzione della suddivisione degli ambienti sovrastanti, con muro di scarico intermedio sul colmo delle sottostanti volte a crociera .

Il palazzo si articolava intorno ad un cavedio centrale a cielo aperto, ancora visibile in una foto del borgo del 1905, con locali di servizio al piano terra e residenza nobiliare al piano primo. Sul cavedio si apriva, al piano primo, una loggia di disimpegno servita da una scalinata laterale interna, prospiciente via S. Maria del Monte, a volte rampanti. Questa tipologia, diffusa nei centri storici abruzzesi, ricorre in parecchi palazzi coevi di Serracapriola.

I lavori di costruzione sono stati effettuati da maestranze diverse, tra interruzioni, ripensamenti e modifiche, tra le quali l’adattamento al tracciato di corso Garibaldi, realizzato dopo l’edificio sulla scorta dei boulevard parigini. Solo così risultano comprensibili le murature a sacco di fattura diversa, le disomogeneità e discontinuità del paramento esterno, il sovrapporsi di aperture esterne e il continuo spostamento di vani porta interni. Tutto lascia presupporre che l’edificio degli Arranga abbia successivamente subito una serie di frazionamenti in più unità abitative, con modifiche interne e sostituzione di volte con solai in putrelle e tavelloni, concentrati lungo via S. Maria del Monte.

Nell’ultimo scorcio dell’ 800 il palazzo viene acquisito dalla municipalità di Serracapriola. Con la sua destinazione a sede municipale avviene il completamento della facciata principale, su Corso Garibaldi, con la sovrapposizione di muri d’angolo a scarpa e l’aggiunta di timpani e colonne, in parte elementi di spoglio in pietra provenienti da scavi, in parte in tufo di fattura ottocentesca. Nel 1906, come attestato dalla datazione dell’orologio, risulta ultimata la torre dell’orologio che non compare nella foto del 1905.

Segue un periodo di intense trasformazioni, culminato alla fine degli anni 30, per adeguare l’edificio alla sua nuova funzione di sede municipale. Una fase di trasformazioni radicali e di manomissioni che ne hanno snaturato i caratteri peculiari:

- copertura del cavedio, a quota sottotetto e realizzazione, al suo interno, di una scalinata di accesso al piano primo;

- realizzazione di un soppalco al di sopra della nuova scalinata, esteso all’intero cavedio; 3- realizzazione di corridoi di disimpegno con restringimento di due volte a padiglione e parziale demolizione di una volta a botte;

- eliminazione della scala originaria, posizionata lateralmente al cavedio, lungo via S. Maria del Monte, con interposizione di solai in ferro;

- riunificazione di due ambienti al piano primo, lungo il fronte di corso Garibaldi, per la realizzazione della sala consiliare, con demolizione di un setto murario e di due volte, sostituite con un solaio in putrelle e voltine in laterizio pieno.

In ultimo, agli inizi degli anni settanta, l’originario tetto in legno è stato sostituito con un solaio in cemento armato.

B.2 Gli interventi
Gli interventi di trasformazione dell’immobile, non sempre realizzati secondo le norme del buon costruire, hanno alterato la configurazione strutturale dell’immobile, creando una disomogeneità nella distribuzione delle masse ed una discontinuità di rigidezze negli orizzontamenti. L’effetto finale è stato l’alterazione della capacità della struttura muraria di disperdere le azioni sismiche in maniera omogenea, senza punti critici di concentrazione delle reazioni.

A seguito del sisma dell’ottobre 2002 l’edificio presentava un quadro fessurativo che denotava in maniera inequivocabile una concentrazione dell’azione sismica intorno al vano scala centrale, eccessivamente rigido ed eccentrico rispetto al baricentro dell’edificio, e un effetto di martellamento sui setti murari da carico sommitale, generato dall’eccessivo peso del solaio in cemento armato. Si rilevavano inoltre effetti di rotazione e distacco del fronte asimmetrico dell’edificio, di forma triangolare, su corso Garibaldi e fenomeni diffusi di distacco all’incrocio dei setti murari al piano primo, nonostante la presenza di alcune catene. Infine una delle volte a crociera dei piani seminterrati lungo via Giannone presentava un cedimento lungo l’asse di colmo, in corrispondenza del sovrastante setto murario in falso.

L’entità delle lesioni evidenziava, tutto sommato, una buona resistenza all’azione sismica, dovuta alla sostanziale elasticità delle strutture verticali in muratura a sacco e alle catene esistenti. Non erano però da sottovalutare, per la vita futura dell’edificio, le seguenti criticità:

- eccesso di carichi sommitali;
- disomogeneità nelle rigidezze dei piani orizzontali;
- eccentricità del baricentro delle masse;
- presenza di un fronte murario eccessivamente lungo su corso Garibaldi;
- azioni di martellamento delle murature posate in falso sulle volte del piano seminterrato.

Alla luce di queste considerazioni si è mirato ad attenuare, ed eliminare ove possibile, le criticità statiche introdotte dalle manomissioni dell’edificio e ad esaltarne le qualità tipologiche e formali originali. Tramite una serie di demolizioni, ricostruzioni e miglioramenti strutturali si è cercato di ricreare una continuità degli elementi strutturali del manufatto, soprattutto orizzontali, consentendogli una risposta alle azioni sismiche diffusa e omogenea, propria degli edifici in muratura. Si è percorsa quindi la strada di un restauro ad indirizzo filologico, con il ripristino, per quanto compatibile con lo stato attuale, della tipologia originale dell’edificio, con eliminazione degli interventi che ne hanno snaturato le qualità formali e strutturali.

Durante il corso dei lavori, a riprova delle ipotesi di partenza, sono emersi una serie di elementi architettonici e costruttivi che, lasciati a vista per le parti più significative, raccontano brani di storia dell’edificio.

I lavori, finalizzati al riuso del monumento come sede municipale e Centro Operativo Municipale a servizio della Protezione Civile, sono stati eseguiti in due fasi, di cui la prima ultimata nel novembre 2008 e la seconda nel gennaio 2011, con i seguenti interventi fondamentali:

1) Piano sottotetto - Livello n. 3:

- Demolizione del tetto in cemento armato, con ripristino dei setti murari preesistenti, di cui uno, sul fronte di corso Garibaldi, a partire dalla sottostante sala consiliare; smontaggio e risistemazione del cornicione esistente; realizzazione di cordoli sommitali in muratura armati con nastri in fibra di vetro.

- Consolidamento e cerchiatura in estradosso delle volte con nastri in fibra di vetro e ancoraggio alle murature perimetrali con barre in fibra di vetro e ripristino dei frenelli.

- Completamento del sistema di catene esistente, con piastre a scomparsa sotto il paramento murario esterno.

- Realizzazione di tetto in legno, con eliminazione delle falde spingenti e degli appoggi sulla torre dell’orologio; ripristino del manto di coppi preesistente.

- Consolidamento delle putrelle a base della torre dell’orologio con nastri in fibra di carbonio.

2) Piano Primo - Livello n. 2:

- Consolidamento e cerchiatura in estradosso delle volte di copertura del piano terra con nastri in fibra di vetro e ancoraggio alle murature perimetrali con barre in fibra di vetro;
- Eliminazione dei corridoi e delle controvolte intorno al cavedio e ripristino della volta a botte parzialmente demolita.

- Demolizione delle due volte a botte di copertura di uno dei locali a piano ammezzato e delle murature che scaricavano in falso sulla sottostante volta a crociera, con realizzazione, in sostituzione, di un solaio in legno; consolidamento e cerchiatura in estradosso della volta a crociera con nastri in fibra di vetro e ancoraggio alle murature perimetrali con barre in fibra di vetro.

- Demolizione del tetto in legno ad angolo tra via S. Maria del Monte e via Vittoria. - Completamento del sistema di catene esistente, con piastre a scomparsa sotto il paramento murario esterno.

- Irrigidimento in intradosso dei solai di calpestio in putrelle e tavelloni con nastri in fibra di vetro ancorati alle murature perimetrali tramite connettori.

- Ammorsamento delle murature e ripresa di parti lesionate, ammalorate o tompagnate con forati, utilizzando la tecnica dello scuci e cuci.

3) Nuovo vano scala:

- Demolizione di solai in putrelle e tavelloni al primo e secondo livello nei vani adiacenti il cavedio, lungo via S. Maria del Monte, e inserimento di una scala in legno che va dal piano seminterrato al piano primo, servita da un ascensore in vetro e ferro;

4) Cavedio:

- Svuotamento del cavedio e creazione di un lucernaio in corrispondenza della parte originariamente a cielo aperto.

5) Volte, paramenti ed elementi decorativi:
- Trattamento di pulizia delle volte, lasciate a vista.
- Intonacatura delle pareti interne con intonaci a base di calce idraulica pozzolanica.
- Interventi sui paramenti murari esterni con spicconatura delle parti intonacate, spazzolatura delle superfici, ripresa delle parti lesionate o sgretolate con la tecnica dello scuci e cuci, chiusura in arretrato dei fori d’ambito, stilatura delle fughe con malta a base di calce pozzolanica e applicazione finale di protettivo traspirante a base d’acqua.

- Consolidamento tramite imperneazioni con connettori in fibra di vetro e lamine di carbonio delle mensole in pietra dei balconi, di una delle colonne in pietra del portale di ingresso e del timpano di facciata.

C - La torre, i suoni, le ruote del tempo.

Il torrino dell’orologio sovrastante la facciata risale ai primi anni del novecento ed utilizza due campane, una di fattura tardo medioevale e l’altra di fattura seicentesca, probabilmente rinvenienti dalla demolizione della torre campanaria che sorgeva lungo la cinta muraria, accanto alla porta di città detta “la Portella” contigua al castello.

A seguito del sisma del 2002 l’edicola muraria, già in stato precario per il sistema costruttivo adottato, risultava gravemente lesionata e, pertanto veniva rimossa a tutela della pubblica incolumità. Venivano recuperati e conservati il meccanismo dell’orologio, due quadranti, di cui uno infranto, due coppie di lancette, le campane con l’intelaiatura di supporto e parte dei mattoni.
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La base del torrino, in muratura piena dello spessore di circa 40 cm., non aveva fondazioni continue: il fronte su corso Garibaldi si elevava in prosecuzione del muro di facciata, il fronte posteriore poggiava su una trave in putrelle di ferro e i due lati trasversali su un arco in muratura ed una putrella. Ad aggravare la precarietà del sistema costruttivo originario aveva contribuito la successiva sostituzione del tetto in legno con il solaio in cemento armato, i cui travetti scaricavano, per una campata di circa 5 metri, sul lato posteriore del torrino.

La parte in elevazione, dove erano posizionati i quadranti, era in muratura ad una testa, irrigidita ai quattro angoli da pilastrini in laterizio. La copertura era una piastra in calcestruzzo sagomata a conformazione dei quattro timpani, nella quale annegavano l’intelaiatura delle campane e i quattro irrigidimenti trasversali. Tutta l’edicola era intonacata a cemento con inclusione di frammenti di ceramica smaltata multicolore.

In attesa di finanziamenti, si procedeva ai lavori urgenti di messa in sicurezza, consistenti nella cerchiatura della base in putrelle, e al montaggio di un torrino provvisorio, utilizzando le campane esistenti all’interno di una intelaiatura metallica ancorata alla base.

Con il primo finanziamento sono stati eliminati i travetti in cemento armato che scaricavano sul fronte posteriore dell’edicola muraria e tutto il sistema è stato irrigidito con il ripristino dei setti murari trasversali.

Con il secondo finanziamento si è proceduto a ripristinare il torrino in muratura.

La ricostruzione è stata effettuata sulla scorta di documentazione fotografica che ne individuava ampiamente i lineamenti, il disegno delle partiture e i particolari essenziali, e utilizzando i materiali rinvenienti dallo smontaggio.

L’edicola muraria ha una struttura portante interna in profilati di acciaio ancorata alla sottostante cerchiatura di base e di supporto all’intelaiatura delle campane, con paramento esterno in mattoni originali lasciati a vista. La parte alta dell’edicola muraria, per la quale sono stati utilizzati mattoni nuovi, è stata ricostruita in arretrato, nei suoi lineamenti essenziali ed intonacata.
Il quadrante dell’orologio su corso Garibaldi è quello originale completo di lancette e fermavetro. Il quadrante su via Giannone, frantumato in tre parti, è stato sostituito per motivi di sicurezza, utilizzando le lancette e il fermavetro originali. Il terzo quadrante, su via Santa Maria del Monte e prospiciente il castello, è stato realizzato direttamente sulla parte intonacata, utilizzando lancette e tesserine per le ore di nuova fattura.

Le campane sono state reinstallate dopo una pulizia superficiale che non ha alterato il loro stato di conservazione. L’intelaiatura è stata restaurata sostituendo le parti ammalorate o inutilizzabili con elementi di nuova fattura non sottoposti a processi di invecchiamento.

Per il suono delle campane e il funzionamento dell’orologio è stato riattivato, previo smontaggio e controllo di tutti i suoi componenti, il meccanismo originale a contrappesi del 1906, realizzato dalla ditta Fontana di Milano e costituito da oltre 500 pezzi.

Epilogo

“Il gioco sapiente è sospeso.
L’anziana signora ostenta con dignitosa fierezza le rughe del tempo, l’eleganza dell’abito liso e i lampi di un perduto splendore.
Ritrovato l’oggetto perduto, i ritmi del tempo riprendono lenti a fluire, scandendo le ore dei campi, del sacro e dell’urbano.
La leggerezza del segno, emersa dal caos in un ordine fluttuante di antichi, nuovi, ermetici valori, è trasmigrata nella rassicurante solidità di un’immagine della memoria incrinata dal segno inquietante del dramma e del nuovo.
Il lungo viaggio nel labirinto della storia e della memoria non ammette percorsi a ritroso.
L’oggetto ritrovato è sempre nuova invenzione ed il gioco riprende.”

Viandante flaneur

“Tutto scorre. Nell’acqua del fiume si può entrare una sola volta.”

Eraclito.

arch. Lucio RUTICA
arch. Enrico VALENTE