Sbarre e reti ai finestroni, lucchetti, catenacci e sbarroni alle porte; ciononostante il carcere di Serracapriola, nel fluire dei tempi, fu interessato più volte da tentativi di evasione ed evasioni rocambolesche messe a frutto da detenuti che stinchi di santo non erano.
  La fuga più clamorosa avvenne nell'anno 1900, nella notte dal 19 al 20 ottobre.
   Nove "coatti" stavano ristretti nella prigione di «Strada Grande» in attesa di essere tradotti dinanzi all'Autorità Giudiziaria di Lucera competente a giudicare i reati loro ascritti.
Approfittando del «buio notturno» i coatti, tutti provenienti dalla colonia penale delle Isole Tremiti, praticarono un buco nella muraglia esterna della camerata ove stavano rinchiusi. Aiutandosi poi con coperte da letto annodate a fune, i nove malavitosi riuscirono a calarsi tutti nella via dietro le mura (Giro Esterno Occidentale), aperta alla campagna serrana. Da lì spiccarono il loro volo libero
   L'evasione dei coatti, appena fu percepita dalla sentinella del carcere, venne tempestivamente segnalata con colpi di fucile in aria. Gli spari notturni partiti dal carcere richiamarono facilmente l'attenzione dei RR. Carabinieri della vicinissima Caserma distante dalla prigione 36 metri. E stimolarono il loro pronto intervento operativo.
   Mentre scappavano disordinatamente nella notte, quattro dei nove evasi precipitarono nella scarpata del Giro esterno che segna in modo marcato il lato Ovest del carcere e dei paese. Restarono feriti ed i militari deII'Arma di Serracapriola poterono catturarli e trarli in arresto. La libertà durò poco anche per gli altri cinque fuggitivi che, qualche ora più tardi, vennero acciuffati nella stazione ferroviaria di Poggio Imperiale mentre si apprestavano a salire su un treno.
   (Davanti alla Giustizia i "coatti" resero poi conto, non solo dei reati loro precedentemente ascritti, ma pagarono «anche pel reato di evasione» dal Carcere di Serracapríola).

Con Decreto Interministeriale numero 6707861700 del 17 febbraio 1992, registrato alla Corte dei Conti il 14 settembre dello stesso anno, la Casa Mandamentale di Serracapriola è stata dichiarata soppressa.
Oltre alla fuga operata dai nove "coatti", il carcere serrano, nel suo essere, è stato segnato da tentativi di evasioni (anni 1913 e 1922) entrambi messi a segno dai "Coatti" che a Serracapriola venivano tradotti in attesa di comparire dinanzi al Pretore di Mandamento di Serracapriola o alla Superiore Magistratura di Lucera.
Nel 1873 Francesco L. da Tornareccio morì mentre era detenuto nella prigione serrana; Costantino Pergola ed Angelo Maria d'Aragona, all'epoca addetti alla vigilanza del carcere raccolsero gli ultimi respiri del detenuto abruzzese che alla data del decesso aveva trentotto anni.
Dopo d'Aragona furono custodi delle carceri serrane: Michele Arcangelo Tartaglia (1870-1939), Franco Monaco (1896-1966), Michele Carrara di Fedele (1900-1966), Matteo Castelnuovo (1930-1996), Concetta Argentino; negli anni a noi più vicini, Antonio Cuorpo, Bruno Pennelli, Ferruccio Ricci e Luciano Signorile.