Mons. Giovanni Andrea Tria, vescovo di Larino (1727-1740), delinea una prima storia di Serracapriola nelle sue “Memorie Storiche della Diocesi di Larino”.
     Matteo Fraccacreta idealizza la nostra terra nel suo “Teatro della Capitanata”. (Questo amore scaturì dal matrimonio contratto il 27 ottobre 1799 con D.M. Filippa Pergola, germana dell’arciprete D.Antonio.)
     Nel volume VIII dell’ opera “REGNO DELLE DUE SICILIE DESCRITTO ED ILLUSTRATO”, dove viene trattata la Capitanata, l’autore Giuseppe de Leonardis, professore e preside in diversi licei d’Italia oltre che scrittore e poeta, scrive ampiamente di Serracapriola, suo paese natio: “Bibliografia. Serracapriola finora non ebbe chi di lei si fosse positivamente interessato. Monsignor Tria ne scrisse, sebbene incompiutamente, nelle sue Memorie Storiche della Diocesi di Larino; ed il Fraccacreta ne poetizzò, quantunque confusamente, nel suo Teatro della Capitanata. Gli altri non sono che brani qua e là sparpagliati nei polverosi volumi dell’antichità, da noi, con la Norma in mano, pazientemente raccolti ed ordinati. I posteri sapranno fare di più e di meglio. A noi basterà la satisfazione soltanto di essere stati i primi a trarla da quella oblivione in cui da tanti secoli rimaneva miseramente sepolta.”
    
Nel 1915 viene pubblicato “SERRACAPRIOLA Appunti di Storia e di Statistica” di Alfredo de Luca. L’autore nel suo volume (cm 30X19) di 239 pagine fa un percorso storico del suo paese il più completo possibile in rapporto alle opportunità di ricerche concessogli dagli eventi, come egli stesso dice nella prefazione al testo….Purtroppo tutte le antiche carte che dovevano trovarsi negli archivi della nostra amministrazione, sono andate disperse, un po’ per la fatale rovina che porta con sé il tempo, molto per la supina ignoranza di parecchi che hanno preferito venderle per trarne pochi centesimi di guadagno. Dell’età di mezzo nulla esiste, e dei tempi più prossimi si è salvato un solo registro, il quale contiene i conti di ogni anno – e va dal 1738 al 1759 – i razionali davano delle rendite che si esigevano. Qualche cosa ho trovato nell’Archivio Provinciale, e parecchio mi è stato favorito dalla cortesia del Reverendo Canonico Presutto che per me ha rovistato le numerose ma non sempre preziose carte degli archivi capitolari; di più nel grande archivio di Napoli. Molto si potrebbe rinvenire nelle Abbazie di Cava e di Montecassino, nonché negli archivi della Case Baronali, che ebbero come feudo Serracapriola: a me è mancato il tempo di farlo, e, più ancora, l’opportunità.
     Buone fonti furono la Storia di Monsignor Tria. Il Teatro Storico di Capitanata, scritto da Matteo Fraccacreta, e la Monografia che di Serracapriola dettò il Professore Giuseppe de Leonardis. Di quest’ultima, credo sia difficile averne una copia: a me fu favorita dalla di lui gentilissima figliuola Sig.ra Rosa de Leonardis-Gervasio, la quale –buon sangue non mente- segue le nobili tradizioni paterne insegnando a Bari.
     Parecchie notizie poi, e in particolar modo quelle riferendosi al brigantaggio, le ho raccolte dalla viva voce di coloro che in quei tempi fortunosi avevano già l’età della ragione, e spesso ho interrogato i più vecchi del popolo…..
    
L’opera di Alfredo de Luca, unica monografia di Serracapriola aggiornata al 1915, ridotta a pochissime copie ben custodite dai fortunati possessori, risulta introvabile. La sua grande richiesta spinge nel marzo 1983 Domenico de Luca e Marina Gallo a pubblicare la seconda edizione di “Serracapriola Appunti di Storia e di Statistica”. Alle cose dette da Alfredo de Luca (dice la prefazione) aggiungiamo solo una appendice fatta di pochi flash sull’avvicendamento politico del nostro comune per circa 50 anni dopo il 1914, redatta da Camillo Gallo ed in parte tratta da preziosi appunti di Alessandro D’Adamo che con meticolosa precisione ha fotografato momenti di storia del nostro comune.
    
Nel dicembre 1974 esce una pubblicazione di Armando A. Gravina “NOTE SUL NEOLITICO in agro di serracapriola e chieuti (riva sinistra del basso fortore)”.
     La presentazione del testo è di Vittorio Russi, Ispettore Onorario Sovrintendenza Antichità: Questa pubblicazione di Armando Gravina, un cultore di paletnologia, è il frutto di una intensa attività di ricerca che in un tempo sorprendentemente breve ha colmato una lacuna nel campo della preistoria dauna.
     Le prime ricerche paletnologiche in provincia di Foggia sono state compiute essenzialmente nel Gargano e solo nel dopoguerra, sulla scia del BRADFORD, si sono estese nella pianura, dove sono stati localizzati a centinaia quegli insediamenti neolitici indicati come “villaggi trincerati” che caratterizzano il nostro Tavoliere.
     Un notevole impulso in questi studi è stato dato dal Tinè, specialmente con gli scavi di Passo di Corvo, ma le ricerche sono rimaste concentrate nella pianura e solo recentemente alcuni studiosi di preistoria si sono spinti sui rilievi del Subappennino.
     Armando Gravina è voluto andare più lontano, al di là del Fortore, dilatando notevolmente l’area del Neolitico dauno………
    
Nel 1989 i coniugi Armando A. Gravina e Silvana Del Carretto pubblicano “SERRACAPRIOLA Note di Storia-Usi-Costumi” con la seguente presentazione di Nino Casiglio: Il bel libro di Alfredo De Luca su Serracapriola è del 1915. Ricordo che quando lo lessi, moltissimi anni fa, mi rammaricai che la mia città non avesse trovato uno studioso altrettanto umano, che dice bene quello che sa e non inventa glorie immaginarie. E tuttavia tre quarti di secolo sono troppi, e lo scritto del De Luca è divenuto chiaramento inadeguato. Quando egli scrisse era ancora da venire l’edizione dei documenti tremitensi curata nel 1960 da Armando Petrucci; quanto poi alla preistoria e alla protostoria, si procedeva ancora per larghe generalizzazioni e, a parte alcuni studi del nostro Giuseppe Checchia, le ricerche sul campo si mantenevano ancora ben lontane dalle nostre zone.
     Ma soprattutto è mutato nel tempo l’atteggiamento di fronte al passato. Ai tempi del De Luca, certe sue curiosità, verso il dialetto e le tradizioni locali, potevano essere giudicate, se non provinciali, almeno alquanto elementari.
     Oggi invece vorremmo che ci avesse dato di più e che, per esempio, dell’agro di Serracapriola ci avesse conservato una descrizione più minuziosa, più ricca di dati. È che allora sembrava che molto di quello che si aveva sotto gli occhi e si udiva nominare continuamente fosse destinato a durare a lungo , se non per sempre; e soltanto ora ci accorgiamo che la velocità del mutamento sociale sta cancellando cose e atteggiamenti.
     È qui, mi sembra, la giustificazione del libro che Armando Gravina e Silvana Del Carretto hanno messo insieme, dividendosi amichevolmente i compiti.
     Gravina ha inteso richiamare l’attenzione dei lettori sulla continuità della presenza umana in quella tipica zona di confine che è il territorio di Serracapriola, tra il Fortore e il Saccione; nel Neolitico antico, probabile tramite di correnti migratorie provenienti dal mare e dirette verso il Tavoliere; influenzato nel Neolitico medio-tardo dalle culture del Tavoliere; di nuovo culturalmente emergente nell’età del Bronzo e più tardi avamposto daunio, ma soggetto ad influenze frentane. Neppure i Romani valsero a sottrarre la zona a questo suo destino, che riemerge nettissimo nei secoli in cui se la contesero Longobardi e Bizantini.
     La Serracapriola storica nasce con una “facies” chiaramente longobarda ed i documenti, abbastanza numerosi, ce la mostrano sin da allora caratterizzata da una notevole carica di vitalità, che ben si addice a luoghi che da sempre sono stati punto di passaggio obbligato. Si attende ora che qualche studioso esperto di essi riconosca pazientemente nel contesto attuale i segni di questo passato.
     A sua volta Silvana Del Carretto, riprendendo curiosità già marginalmente presenti nel De Luca, ha costruito un quadro notevolmente organico di quelli che siamo soliti chiamare, alquanto riduttivamente, gli “usi e costumi”, un’espressione che sembra suggerire una sorta di marginalità rispetto a modelli comportamentali che si presumono superiori. In realtà il riferimento va fatto non a un presunto modello superiore ma a un modello successivo, che in tempi brevi ha sostituito, a Serracapriola come altrove, un secolare costume di vita…………..
    
Il primo giornale di Serracapriola, “Il Borgo”, viene fondato agli inizi degli anni ‘50 da Primiano Magnocavallo e dal parroco di S. Maria in Silvis don Adamo D’Adamo.
     Il secondo periodico serrano, “Torniamo alle Sorgenti”, ha dalla nascita come direttore responsabile e redattore il cappuccino padre Lucio di Siro.
     Nell’Agosto del 1993 don Amedeo Cristino, nuovo parroco di “S.Mercurio M. e S.Maria in Silvis, fonda, con Elvira de Felice, Giuseppe Gentile,Antonio Guidone e Stanislao Ricci, il terzo giornale di Serracapriola, “LA PORTELLA”, mensile d’informazione per l’animazione del territorio, tutt’ora in vita.
     Alcuni frati cappuccini, come storici, pubblicano delle opere inerenti la storia del convento di Serracapriola (vedi Bibliografia). In particolar modo, essendo figli di questa terra, citiamo padre Cipriano de Meo, autore di “I Cappuccini a Serracapriola” e altre pubblicazioni e padre Luigi Ciannilli autore di “Stelle di Prima Grandezza”.
     Stanislao Ricci, attento cultore di storia locale, nonché redattore de La Portella, il giornale di Serracapriola, dove cura la rubrica La Storia, prosegue il lavoro del nonno, farmacista Filippo Ricci, deceduto il 25 marzo 1951, il quale per suggerimento dell’avv. Alfredo de Luca, autore di “Serracapriola – Appunti di Storia e di Statistica”, ha continuato ad aggiornare, per alcuni anni, le memorie storiche cittadine (manoscritto inedito).
     Stanislao Ricci pubblica nel 1968 “Il Convento dei Cappuccini di Serracapriola” e
     nel luglio 1994 “Zibaldone di Serracapriola di Stanislao Ricci e Renato Ciarallo”, volume di 170 pagine, nella cui prefazione, il parroco di Serracapriola don Amedeo Cristino, fra le altre cose, scrive …….La penna, sempre godibilissima, dell’amico Stanislao Ricci, intinta nell’amore per la sua terra, mentre traccia linee di collegamento tra le immagini, ridisegna percorsi storici e di costume della società serrana. E, quanto più entra nel dettaglio del passato, tanto più fa emergere, di riflesso, l’opacità di un presente, che stenta a rinverdire i fasti………