Mentre era in progettazione la ferrovia "adriatica", il decurionato serrano evidenziò che il tracciato costiero della tratta San Severo-Termoli, elaborato dalla società Rotschild-Talabot e approvato dal ministro Ubaldino Peruzzi, era vulnerabile e poco strategico. "Ogni piccolo legno armato" avrebbe potuto facilmente interromperlo.
Amministratori pubblici e cittadini, ad ogni livello e in più fasi, si adoperarono che la ferrovia "non scorresse dove è ora, ma si avvicinasse di più all'interno ai paesi e quindi a Serracapriola".
La vaporiera, sbuffando nella vallata del Bivento, avrebbe cancellato un'epoca.
Tutti ne avrebbero tratto vantaggi.
Prevalsero gli interessati "maneggi" del principe Torella, signore di Ripalta; la linea ferrata venne costruita secondo il tracciato originario (L. nr. 765 del 21.8.1862).
E proprio agli interessi del signore di Ripalta è probabile alludesse il prefetto di Capitanata, Gaetano del Giudice, nella lettera informativa del 19 luglio 1862, inviata al ministro dei LL.PP. Agostino de Pretis che relazionò della cosa al Parlamento Italiano.

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Fallito il tentativo di ridisegnare il tracciato dell'adriatica, durante il sindacato di Luigi Finizio (1870-1873) - si cercò di "avvicinare" a Serracapriola la costruzione della dorsale ferroviaria Termoli-Campobasso, allora in progettazione. Tornarono ad agitarsi consigli comunali e comitati di cittadini autorevoli che alla fine restarono schiacciati da più "autorevoli" onorevoli.

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La sopita "vocazione" ferroviaria di Serracapriola fu rispolverata e caldeggiata dall'on. Raffaele Fraccacreta che diede giusta risonanza al problema nella sua propaganda elettorale del 1913. Così egli scriveva al "Mandamento di Serracapriola": “...ciò che darà a Serra il posto che merita... nello sviluppo dell'industria agricola e nel commercio, sara la costruzione della diramazione
della ferrovia Valfortore che l'allaccerà direttamente ai centri maggiori della provincia e alla linea dorsale adriatica...". "...per gli sciocchi... sarà un sogno, per gli uomini di malafede un assurdo; per quanti giudicano al lume della ragione... un fatto ormai solennemente compiuto".
Passò la "festa" - (elezioni 26 ottobre-2 novembre 1913) - e puntualmente il "santo" restò gabbato.