Innalzato l'artistico altare innanzi alla Vergine delle Grazie, numerosi cittadini dl Serracapriola e di Chieuti e di altri paesi venivano ad ammirarlo, ma tutti scorgevano un contrasto stridente tra l'altare beIlissimo e la chiesa disadorna.
 Riflettendo anche noi a tale stato di cose, sebbene vedessimo innanzi a noi tante difficoltà, pensammo di decorare la Chiesa e ci confortò il pensiero quel detto: "Animo volenti nihil difficile". In pochi giorni formammo il comitato per questo secondo arduo lavoro, di cui fecero parte la Contessa Virginia Imperiale Sanfelice, la Signora Anna Gatta De Nardellis, la Signora Rosa AIberico Bucci, le Signorine Anna Maria Sancipriano, Concetta Castriota, Maria De Leonardis, Filomena Magnacavallo, Maria De Luca, di Michele.
 Furono raccolte a Serracapriola lire 21000 e a Chieuti 2000, nonchè altre offerte che La Provvidenza ci fece giungere da altri paesi, e per altre vie.
 Invitammo per gli affreschi e le decorazioni il pittore prof. Amedeo Trivisonno di Campobasso, il quale con fede, con amore, con slancio di anima francescana, vi profuse tutte le dovizie del suo pennello. Il prof. Trivisonno eseguì gli affreschi parietali non tenendo conto di alcun vincolo geometrico e li stese fra gli archi disuguali delle pareti e i peducci della volta, liberamente, proprio per eludere la disuguaglianza spaziale della costruzione; e per il complesso pittorico ricorse allo stile del rinascimento.
 I soggetti degli affreschi sono varii e tutti originali, palpitanti di meravigliosa estetica.
 A sinistra, entrando, l'affresco va da un capo all'altro della Chiesa e si snoda liberamente fra gli archi a volta. Rappresenta S. Francesco che ammansisce il lupo di Gubbio. La scena è espressa in un paesaggio avvivato dal verde dei campi e da episodii pastorali che restano in seconda linea, in rispetto a quello principale del Santo di Assisi.
 Nello sfondo vi è un paese col suo castello, riproduzione fedele del castello di Serracapriola, per avere così il pittore uno spunto di verità, allacciandola con la tradizione artistica dei quattrocentisti, che amavano riprodurre nelle loro pitture, luoghi e cose delle proprie regioni.
 La colorazione ha l'ufficio di reggere e legare la volta soprastante che risplende di un intreccio di azzurro e d'ori.
 In tutto l'affresco vi è naturalezza , precisione, splendore di arte.
 Di fronte a questa meravigliosa scena vi è quella di S. Antonio di Padova, che predica ai pesci. Qui l'affresco è molto semplice, perchè poco spazio il pittore aveva. Tra gli archi e la volta il senso della grandiosità l'ha reso in modo perfetto. Vi si scorge,fra le onde azzurre, placide e serene del mare, una schiera ordinata di pesci, grandi e piccoli, che ascoltano a fior di acqua la parola taumaturgica del grande Padovano.
 Nella volta vi è dipinto il miracolo stimmate di S. Francesco. Il quadro che è innestato con una superba cornice fra le decorazioni, avviva coi suoi colori brillanti e col gioco di tutte le sue masse la volta. In questo affresco, per la disposizione aerea, gli elementi sono in prospettiva dal basso in alto, rendendo più drammatica e veritiera la composizione.
 Nel presbiterio, a sinistra, l'artista vi ha dipinto l'episodio dell'Annunziazione, ricavando un motivo architettonico quattrocentesco con un portichetto che s'innesta ai piedi della volta come per sostegno. Una cortina di un colore caldo steso fra colonna e colonna, definisce, o meglio mette in evidenza la figura della Vergine, che inginocchiata, tutta soffusa di purissimo amore, riceve l'annunzio della divina Maternità.
 L' Angelo Annunziatore è rappresentato fuori del portico in atto di proferire le grandi e belle parole: "Ave Maria, Gratia plena": la colorazione qui è ottennta con il gioco di gialli, ori, azzurri e bianchi.
 A destra poi vi è dipinto l'episodio del turco infedele di cui abbiamo parlato. Una luce abbagliante punitrice scende dall'alto di una nube minacciosa e investe il sacrilego, che riverso rimane colpito a morte.
 Il quadro della Vergine che il turco ha divelto dalla cornice, ha seguito il colpevole nella caduta rimanendo appoggiato ritto, intatto, al palliotto.
 Sull' altare vi si legge grande disordine: si vedono candelieri e candele cadute, la luce che scende dall' alto, che taglia transversalmente il quadro illumina a destra due frati cappuccini sbalorditi per il miracolo e a sinistra altre due figure di uomini con un bambino rimasti anch'essi attoniti dinanzi al terrificante episodio.
 La colorazione di questo affresco è realistica, e in tutti i particolari vi sono bellezze, nel vero senso della parola, classiche. In tali lavori di arte nuova, Trivisonno è stato coadiuvato dal Prof. Nicolino Bucci di Serracapriola, il quale nella parte decorativa si è mostrato veramente geniale, maestro del pennello.
 Un giorno domandammo al Prof. Trivisonno: Come mai tante bellezze hai saputo dare alla nostra Chiesa? Rispose: è stato l'aiuto della Madonna delle Grazie, titolare di questo Santuario. In tempi calamitosi come questi, (lavorò nel 1942 e nel 1943), lontano dalla moglie e dai figli, preoccupato della loro sorte, fra il rombo minaccioso degli areoplani, fra tristi echi di bombardamenti che scuotono le terre di Puglia fra la commozione che tutti i giorni ho provato alla vista di tanti sfollati, di tanti nostri soldati piangere e pregare ai piedi della Vergine: chi mai poteva darmi la chiarezza d'idee se non la "Piena di grazie?" A Lei dunque la mia lode, il mio filiale ringraziamento.
 Durante quest'ultima, dura, lunghissima, terribile guerra, moltissime Chiese sono state distrutte o hanno conosciuto spaventose rovine, mentre quella dei Padri Cappuccini di Serracapriola, con l'aiuto di Dio, è risorta a novella vita.
 Terminati i lavori della Chiesa, il Superiore del Convento, in un mattino di primavera, di domenica, celebrò una messa solenne sul nuovo artistico altare, e al Vangelo, con commossa parola ringraziò tutti coloro che avevano offerto il loro obolo per i lavori artisticamente eseguiti nella mistica Chiesetta della Vergine delle Grazie. Alla fine del santo sacrifizio si cantò un "Te Deum" di ringraziamento a Dio.