Ben venuto, figliuol mio
 Padre Matteo bramava "ansiosamente" che si conservasse "illibata" l'osservanza regolare e che si emendassero "i difettuosi"; ma grandemente ancora li compativa quando i difetti erano occulti; e si studiava di mantenere illesa, quanto gli era possibile, la fama di tutti.
 Essendogli manifestata, "come a padre", una trasgressione di regola, Padre Matteo si sentì trapassare li viscere dal dolore, nè lasciò di piangere fin tanto che, con molta prudenza e segretezza, non ebbe provveduto alla salute di quel "religioso scaduto". Ed il fallo non si sarebbe mai scoperto, "quando che il delinquente medesimo dopo l'emenda non l'avesse lui palesato" (o.c.,n.g2).
 Un altro frate uscì dal convento d'lsernia, più per leggerezza d'animo che per malizia. Padre Matteo, inteso che ritornava, "qual'altro padre del figlio prodigo", andò ad incontrarlo con le braccia aperte alla porta del convento. Stringendolo teneramente al seno: "Sii tu il benvenuto - gli disse - figliuol mio. Felice è il tuo ritorno, perché ritroverai perdono nella casa paterna". E rivoltatosi agli altri frati, soggiunse: "Ci conviene questa sera far gran festa, perché abbiamo ritrovato la pecorella smarrita" (ivi).

  Allegrezza al solo mirarlo
 l discepoli di Padre Matteo, allevati sotto la sua disciplina, potevano testimoniare che la vita sua era "così esemplare, tanto divota, ed ornata disì rare ed eccellenti perfezioni, che pareva anzi d'angelo di Paradiso, che di uomo qui sulla terra; onde sentivano i frati, solo nel mirarlo, negli animi loro allegrezza e consolazione".
  Molti andavano da altri conventi a ritrovarlo per il puro desiderio di vederIo e di godere, anche per breve tempo, la sua santa conversazione (Annali, t.III, parte I,anno 1616, n.94).
 Tra le altre virtù di questo venerabile padre, che lo rendevano caro a Dio, amabile agli uomini e terribile ai demoni, "singolarissima era la pace e la tranquillità della mente". Un suo studente discepolo, che poi praticò con lui il tempo di ventitré anni e conversò con lui assai famigliarmente, "non l'aveva mai veduto una volta sola adirato, né conturbato nel volto per qualunque sinistro incontro gli fosse accaduto" (ivi).

 

Baciava spesso l'abito
 Caritatevole con tutti, frate Matteo era "amicissimo" del silenzio, lo raccomandava ai frati e, quand'era superiore, "comandava e voleva, che fosse osservato con ogni rigore".
 Faceva gran conto dei riti e cerimonie, imparati e praticati nell'anno di noviziato. E da suddito, benché già stato provinciale, non andava mai a riposare la sera, senza prima domandare la benedizione del superiore, come sogliono fare i novizi.
 Frate Matteo ringraziava anche frequentemente la divina bontà e "con abbondanza di lacrime baciava spesse volte l'abito che portava, confessando d'esserne indegno, attestando nell'esterno del volto e delle parole il gran giubilo che sentiva nel cuore per vedersi nella Religione dedicato agli ossequi divini" (ivi).

 

Con gl'infermi qual madre
 Era compassionevole e caritativo con tutti, specialmente con gl'infermi, "portandosi verso di loro qual madre che ami svisceratamente i suoi figli"; li visitava più volte al giorno, li consolava con dolci ragionamenti, spazzava sovente la loro cella e "nettava i vasi immondi", e quando non potevano per la gravezza del male mangiar da se stessi, fra Matteo li cibava con le proprie mani.
 Aveva sollecita cura che fossero provveduti puntualmente di medicamenti, di cibi e di ogni altra cosa bisognevole, affinché al più presto potessero recuperare la sanità e le forze.
 Ne si restringeva questa sua compassionevole carità verso gli infermi solamente dentro i conventi, ma si dilatava anche di fuori con i secolari, i quali visitava e consolava e con orazioni ed efficaci esortazioni aiutava a cristianamente morire (o.c.,n.95).

continua