(Dall’appendice, aggiunta da Domenico de Luca e Marina Gallo alla ristampa, effettuata dagli stessi nel 1983, degli “Appunti di Storia di Serracapriola” di Alfredo de Luca, sull’avvicendamento politico del nostro comune per circa 50 anni dopo il 1914, redatta da Camillo Gallo ed in parte tratta da preziosi appunti di Alessandro D’Adamo, segretario comunale dell’epoca.)

Il dott. Vincenzo Castelnuovo (1879 +1935), podestà di Serracapriola dal 28 aprile 1930 al 20 gennaio 1935, si rivelò anche un appassionato di archeologia, così egli stesso racconta di alcuni ritrovamenti:
“Lungo la strada che conduce a Chieuti, nell’aprile del 1931, si erano eseguiti i lavori di conduttura per il trasporto in quel comune dell’acqua del Sele. Durante l’escavo e propriamente su un terreno di mia proprietà (di fronte al macello pubblico) e su altri terreni limitrofi, si erano trovate delle tombe di chi sa quale secolo. In quelle tombe si erano rinvenute, frammisti agli scheletri dei sepolti, oggetti di argilla decorati a colori, consistenti in vasetti, fiaschetti, lucerne, anfore, piatti a scodella, vassoi, coppe, brocche, urne cinerarie, rottami di scimitarre ed altro”.
Il Podestà cercò di recuperare quegli oggetti e dopo averli fatti ripulire a proprie spese, ne ordinò il deposito in un locale dell’Edificio Scolastico, dove furono custoditi in apposito mobile unitamente ad altri oggetti antichi e varie monete rinvenute altrove. Fra gli oggetti rinvenuti nelle tombe ne scelse pochi e li mandò ad esaminare a Napoli dal professore Maiuri, Sovrintendente di archeologia della Campania, molto competente in materia.
Dallo stesso prof. Maiuri si apprese che gli oggetti in esame appartenevano ad una civiltà esistita dai trecento ai cinquecento anni prima della fondazione di Roma.
Non si seppe mai come il direttore del Museo di Taranto responsabile dei ritrovamenti in Puglia fosse venuto a conoscenza del rinvenimento di tali oggetti, sta di fatto che subito inviò un suo incaricato per rilevare i reperti.
Il podestà non volle cedere nulla e così gli oggetti archeologici restarono depositati per altri pochi anni.
Il direttore del museo di Taranto, in seguito al rifiuto del podestà, fece ricorso al Ministero competente, il quale con un decreto ordinò il ritiro degli oggetti; ciò avvenne dopo la morte del Podestà Castelnuovo, durante la gestione amministrativa del dott. Ennio Falcone.”