LA PARABOLA di LUIGI DACETO, commedia dialettale serrana in un prologo e due atti di Nino di Siro, rappresentata il giorno 10 agosto nel quadro delle manifestazione agostane 2009,pur nel linguaggio godibile,contiene messaggi o comunque sottende tematiche, enunciati con sobrietà,che alimentano o agitano da sempre la vita delluomo. Non possono sfuggire i riferimenti, anche indiretti, del protagonista (Giggine) alla istruzione, allesigenza del lavoro,quali strumenti realizzativi della personalità e della dignità umana. Non può mancare, ovviamente a parere di chi scrive, il tema della credenza religiosa delluomo, avvertito dal protagonista quale esigenza di giustizia, che premi, alla fine della vita, le sofferenze umane e i torti subiti. Altri temi sono lambiti nellopera:la solitudine,la ricerca della causa del divenire (origine e conclusione della ciclo della vita), la diffidenza e la sfiducia verso i politici, la denuncia della superbia e della vanagloria, disvalori generati dallambizione umana. A sottolineare questultimo tema, lautore estende lambito dei superbi e dei vanagloriosi, sino a ricomprendervi non solo, per citarne uno, lalto manager del ministero della follìa (Vincenze u munezzère), ma pure i filodrammatci e, così, con autoironia, anche lautore, regista e protagonista della commedia.
Inoltre il linguaggio, caustico in alcuni momenti dellopera, indurrebbe a giudicare la commedia lavoro teatrale, brillante, di semplice fattura e comprensione immediata. Così non è. Alla Parabola..,che, sul piano tecnico e interpretativo, si rivela un lavoro complesso, sottostanno temi molteplici, come si è detto.
Sul tema della credenza religiosa, espressa dalla teoria del grande nullo d cumpè Nètucce, richiamata in diverse sezioni dellopera, giova svolgere una riflessione solo per suggerire una chiave di lettura della conclusione del lavoro. Al termine della rappresentazione uno spettatore attento si domanda o potrebbe domandarsi Ma il protagonista (Giggine) è un credente o no?. Le ultime battute della commedia sembrano orientare verso lipotesi dubitativa, perché il protagonista, osservando il cielo e le stelle, esclama Mèh! Vè è cchèpì ! Potrebbe essere unipotesi sostenibile, se luscita di scena del protagonista non fosse cadenzata dalla musica e dal canto della penultima scena (c.d metafisica) del Don Giovanni mozartiano: In tale scena il genio salisburghese riafferma il trionfo della fede e della potenza divina. Quali effetti esplicano sulla domanda il verbo mozartiano? si chiede quell attento spettatore. Lautore deliberatamente non fornisce alcuna risposta. Potrebbe venire in soccorso la dialettica pirandelliana, secondo cui ricerchi lo spettatore, coi i suoi strumenti ideologici e le sue sensibilità la verità, lipotesi o la risposta, che più gli aggradi.
Una notazione sul titolo della commedia.Il termine parabola assume dal punto di vista letterario due significati:quello mutuato dai Vangeli ( Gesù parlava attraverso le parabole) e laltro,aderente al contenuto della commedia,elaborato da Antonio Gramsci (A.Gramsci,noto uomo politico e pensatore,svolse,anche,il ruolo di critico teatrale,collaboratore dellAvanti! ) nel 1917 ,quando recensì la prima rappresentazione di Così è se vi pare di L.Pirandello,che definì tale opera una parabola.Gramsci nella sua analisi critica dellopera sostenne che la parabola è qualcosa di misto tra la dimostrazione e la rappresentazione drammatica,tra la logica e la fantasia.
La tessitura della commedia è ordita con originalità,semplicità e ironia:Lopera si articola in sezioni tematiche o capitoli, esplicitati in forma di monologo dal protagonista Luigi DAceto, con momenti retrospettivi: Il Prologo,lAzione coreografica,la Riconoscenza civica: Ettorino, dalla Monnezza il genio, Flcett Mèstèndonje, il Sogno d Giggine: lAldilà e lEpilogo
(Per contenere la durata dello spettacolo entro il limite di due ore nei vari capitoli i monologhi sono stati ridotti; non è stato rappresentato il secondo capitolo, ironico ed amaro, de I benefattori: lusuraio, che tratta il tema del denaro, le perverse e inquietanti gestioni di esso da parte delluomo. Il capitolo si conclude con lintervento del Coro, che recita brevi versi de il Contratto di Eduardo De Filippo, del Timone dAtene shakesperiano, e de La Visita della vecchia signora di Fredrich Durrenmatt ).
Le singole sezioni sono recitate da un solo personaggio (Giggine) in forma di monologo,in seno al quale o al termine di esso,si innestano azioni retrospettive,rievocative di vicende e di soggetti, alcuni espressivi della serranità,ispirati alla realtà socio-storica degli anni cinquanta ( e quindi si tratta di personaggi autoctoni),altri, invece, simbolici, ideati per ironizzare sul teatro filodrammatico attraverso il suggeritore virtuale e per esaltare il ruolo del Teatro Classico nei monologhi di Idotea e di Francesca da Rimini.
Le musiche di scena: musica e teatro sono un binomio indissolubile nel pensiero dellautore. Nelledizione agostana 2009 della commedia, linizio dello spettacolo è stato introdotto dalla musica, composta dal noto batterista o percussionista Tullio De Piscopo per un film prodotto per la televisione e diretto da Pasquale Squitieri.
Gran rilievo assumono lazione coreografica e le luci:la danza su canto e musica,malinconici e popolari in unatmosfera notturna di una dolce notte agostana infonde nellanimo dello spettatore nostalgia di unepoca ormai lontana, in cui si colloca lo svolgimento della commedia.
Le singole sezioni, tranne quella d Felecette Mèstèndonje, sono da collegare con accordi cupi e lenti, eseguiti al pianoforte. Le note del preludio del Rigoletto verdiano possono introdurre e concludere lentrata e luscita di scena d Felecett, poiché i due personaggi-può assumersi-sono soggiogati dalla maledizione del destino.(Si cita nella storia del melodramma che La Maledizione era il titolo ipotizzato durante la stesura per titolare il capolavoro verdiano).
LAldilà devessere creato o rappresentato con effetti speciali.Latmosfera apocalittica, da tregenda, può essere resa dalle note introduttive del Dies irae del Requiem verdiano. Per le riflessioni sopra svolte, sulle parole e sulla musica della penultima scena del Don Giovanni mozartiano termina la commedia.
La commedia è dedicata a un filodrammatico, che ha legato il suo nome ad alcuni momenti storici del teatro serrano. Era un filodrammatico modesto, semplice, senza ambizioni. Ma nutriva grande e vera passione per il teatro. Passione che ha trasmesso geneticamente allautore della commedia. Quel filodrammatico era Michele di Siro.
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