L’antico carnevale serrano era all’insegna della povertà. Si manifestava come un rito dedicato allo svago, agli scherzi, alle burle, un’occasione da non perdere per dare sfogo ai divertimenti, rari nel resto della vita quotidiana, specie per le ragazze.
  Farina, carbone, vestiti dimessi, carretti, trèjne, trainati da asini, fantocci di paglia, erano gli ingredienti della festa, che iniziava la sera del 16 gennaio con il canto Sent’Èntone. Le mascherate, mèscequèrète, si concentravano nell’ultima settimana di carnevale e in particolare nei giorni compresi tra il giovedì e il martedì grasso. Alcuni si camuffavano da monaci. Con la bistecca e un libretto in mano si recavano in casa di amici e recitavano salmi e preghiere in un latino incomprensibile e benedicevano i presenti. Il tutto terminava con una bella bevuta di vino. Non poteva mancare il poeta che si esibiva in piazza recitando poesie tra il satirico e il burlesco sulle persone più note del momento, messe alla berlina. Altri personaggi, in veste di chirurghi e di dentista facevano finta di eseguire delicati interventi estraendo dall’addome dei pazienti grovigli di salsicce o estraevano con enormi tenaglie da fabbro denti equini o bovini. Alla maschera di Bevozze si aggiungevano le tante Pacchiane e Strèccècapp.
  La sera del martedì grasso, dopo un sommario processo, veniva impiccato il fantoccio di paglia e stracci tra le grida dei festanti. Il suono a distesa dei campanoni delle chiese di Santa Maria e di San Mercurio annunziava ai serrani la morte di Carnevale. - Chèrnuvèle pecché sì mòrt ? / a nzèlète stéve èll’ òrt / u presutt stève èppése, / chèrnuvèle pecché sì mpèse ?- La morte di Carnevale prevedeva la pantomima di un rituale funebre lungo il corso Garibaldi e per le strade del paese con lamentazioni, donne in lutto e grida disperate della folla. Infine il fantoccio veniva bruciato in piazza Vittorio Emanuele III.
  In questo fantoccio è riconoscibile uno dei personaggi mitici più diffusi nelle colture arcaiche a carattere agricolo: il "dema". Dietro la facciata caotica e goffa delle maschere si nascondevano i legami di questo rituale con il mondo della natura, ed in particolare con il mondo sotterraneo. Di fatto queste semplici tradizioni collettive durarono a Serracapriola fino al 1965 e il solo Michele Rossi (Jènucc) protrasse l’allestimento del carretto di carnevale fino al 1985.
  Negli anni ’30 il gruppo guidato da Tonino Arranga e Nino Valentino ed in seguito altri gruppi di ragazzi recitavano nelle famiglie che li ospitavano racconti di cappa e spada dal contenuto amoroso e guerresco. Le spade di legno di varie fogge, tornite dai falegnami, erano gli elementi essenziali "da mescequèrète".
  Mario Bramante, regista del gruppo teatrale "S.Francesco", ci racconta come attraverso il carnevale nacque la sua passione per il teatro. " Nel 1945-46 serpeggiava fra i serrani la diffidenza e l’odio per motivi politici, per cui le divisioni diventavano sempre più incolmabili. Cercai con un gruppo di amici di trovare il modo a noi più congeniale per affratellare gli animi. Pensammo di fare teatro nel periodo di carnevale creando un Pulcinella adatto al nostro ambiente "nu Pulecenèll serrène". Per operare questa metamorfosi inventammo canovacci con trame incalzanti. Venne fuori un personaggio che si esprimeva nel vernacolo serrano, con una vitalità dirompente, ma umana, sentimentale e spiritosa. Realizzammo un palcoscenico smontabile da poter adattare in ogni casa e iniziammo con il primo spettacolo in famiglia: "Vita ed avventure di Pulcinella". Si proseguì con "Il Furioso nell’isola di S.Domingo" e "Pulcinella galantuomo in città e ladro in campagna". Dal successo di questi spettacoli si passò a rappresentazioni più impegnative e in base ai romanzi in voga si portarono in scena "Genoeffa di Brabante", "Pia dei Tolomei", "Rosa di Tanneberg", "La cieca di Sorrento". In un periodo di ristrettezze economiche i copioni venivano scritti su carta gialla di paglia, usata dai droghieri, salumieri e macellai. Ricordo — conclude l’instancabile Mario — che lo stagnino Mèst’Cicc, patito della materia, ci dettava le partiture, poiché i libretti delle opere erano introvabili."
  Nel 1965, in occasione della festa universitaria, fu costruito da Giuseppe Gentile il primo pupazzo di cartapesta che rappresentava la testa della matricola su un enorme libro. Nel carnevale del 1971 i maestri Giuseppe Gentile, Felicia Sfarra e gli scolari delle "Attività Integrative" della scuola elementare "San Giovanni Bosco" di Serracapriola costruirono un gigantesco Topolino ed altre maschere. Simboleggiava l’infanzia un testone di bimbo di cartapesta, dallo sguardo puro e indifeso, modellato dallo stesso Gentile. Per realizzarlo fu usato un calco di scagliola, ricavato da una forma in precedenza modellata con la creta, nel quale si faceva aderire la carta-pesta, prima ridotta in poltiglia e macerata con colla Vinavil. Questa prima sfilata sanciva il nuovo look del carnevale anche da noi. Due anni dopo su un nuovo carro Pluto fece compagnia a Topolino. Per modellare i due personaggi di Walt Disney furono costruite intelaiature di legno su cui fu applicata la rete metallica. Le sagome furono coperte da pezzi di carta imbevuti di colla d’amido o vinavil. Quando le forme risultarono ben asciutte vennero rifinite con un’adeguata stuccatura ed infine decorate.
  Nel martedì grasso del 1987 e negli anni successivi, protagonista la Scuola Primaria al completo, una festa di colori rallegrò Corso Garibaldi. Questa attività espressiva, se finalizzata all’apprendimento e non a un fatuo sollazzo, giova agli scolari, che, attraverso il gioco, la manipolazione dei materiali, la sperimentazione, arrivano ad una conoscenza indelebile.
  Negli anni 1989 e 1990 la sfilata di carri carnascialeschi si arricchì di pupazzi semoventi per merito di Antonio Orlando, carrista dei "francescani" e autore del dispositivo meccanico.
  Nel 1995 la festa si sentì all’inizio con il Sènt’Èntone dei francescani e del bar "Vecchia Serra" e alla fine con l’unico carro allestito dalla GIFRA che rappresentò "La Bella e la Bestia" dando vita ad una manifestazione garbata ed allegra.
  Dal 1997 (in cui si videro otto carri allegorici e numerosi gruppi mascherati) fino al 2001, il circolo privato "Foggia Club" di Serracapriola, presidente Sebastiano Nanni, ha promosso l’organizzazione del "Carnevale Serrano" che ha visto il suo periodo migliore. Alla fine della sfilata l’ "Ode al Carnevale" in dialetto serrano, scritta e declamata da Giancarlo Mascolo, l’equa premiazione del sindaco ai carri partecipanti, e, nel finale, il fantoccio di paglia "Chèrnuvèle chjène de pàgghje" in fiamme, simbolo della tradizione, concludevano la serata del martedì grasso.
  Queste manifestazioni, affinché possano durare e svilupparsi nel tempo, come in altri posti, necessitano di strutture stabili che purtroppo qui nessuno assicura.
  Nel breve Carnevale del 2002 non si è visto nessun carro allegorico. In giro per il corso scorrazzavano, incontrollati, soltanto gruppi di ragazzi, sporchi di schiuma e uova marce.

Serracapriola, 16 febbraio 2002