Le cornici ottenute a rilievo sulla carta da lettera, decorate
con lustruni e dorature, intorno al presepe o al Bambino Gesù,
erano le caratteristiche delle letterine di Natale che gli scolari
compravano dal cartolaio. Altre, personalizzate, forse le più
gradite, venivano ricavate da fogli di quaderno, disegnate e
colorate dagli stessi bambini.
Queste missive venivano preparate a scuola con scritti densi di
promesse e affettuosità. Nel contempo s' imparava anche
la poesia da recitare a casa. Il pranzo del giorno di Natale era
un momento molto atteso, non solo per avere i soldi, ma soprattutto
per fare una sorpresa al papà.
Sotto il piatto del capo-famiglia, con la complicità della
mamma, veniva messa la letterina indirizzata: "Ai miei cari
genitori" o "Al Bambino Gesù". Spesso veniva
unta, per un gesto maldestro del papà che fingeva sempre
di scoprirla per caso a fine pasto. La lettura ad alta voce riempiva
di lacrime gli occhi, già lucidi per il lauto banchetto,
di genitori, nonni e parenti. Quante promesse in nome del Bambinello!
Poi, di prassi, si saliva sulla sedia per recitare la poesia di
Natale, grazie alla quale tutti i presenti mettevano mano ai portafogli
e davano la strenna, a mprètt.
Non mancava la battuta: "Mio caro genitore, oggi è
Natale e senza soldi non posso stare. Per il bene che ti voglio
caccia fuori il portafoglio".
Oggi, nell'epoca del grasso Babbo Natale, questa tradizione è
scomparsa.
|