Il patrimonio culturale della Chiesa sorse e si sviluppò in funzione di un servizio alla comunità cristiana e umana. La Chiesa annunciò il Vangelo e la Salvezza adoperando immagini, figure e simboli, arredi in legno ed oggetti vari, creando in duemila anni capolavori sorprendenti per varietà e ricchezza di stili, estetiche e tecniche.
 Delle 29 chiese che vantava Serracapriola oggi ne sono rimaste appena 6 che custodiscono le ultime eredità del passato. Questi beni possono offrire concrete testimonianze circa la fecondità della Buona Novella nello spirito e nelle attività del nostro popolo. Al di là di qualche manomissione, i nostri parroci hanno preso coscienza di questo per far diventare le nostre chiese oltre che luoghi di preghiera, musei ecclesiologici ed insieme storici, teologici e liturgici con finalità pastorali. Musei vivi, dinamici. Per cui l'attività didattica è di primaria importanza. Infatti, oltre ad opere già restaurate sono in corso di restauro la statua dell'Incoronata e il pregevole polittico in legno del trittico "Madonna e santi" di Francesco Tolentino.
 
 L'iconografia nelle chiese
 ...Alla fine Dio rivela il suo volto umano. L'Invisibile si rivela nel visibile. "Chi vede me, vede il Padre". Perciò l'immagine fa parte della essenza del Cristianesimo allo stesso titolo della parola. In Oriente c'è la convinzione che l'evangelista Luca da pittore abbia eseguito alcuni ritratti di Cristo e Maria. Un'altra immagine autentica del Signore si è condensata anche in Occidente nella leggenda della Veronica. La Sindone ci dà i tratti fondamentali del volto e del corpo di Cristo. Dall'Oriente ci perviene l'icona che non è un ritratto ma un prototipo della futura umanità trasfigurata, dalla corporeità sottilizzata. Da noi rispecchiano lo stile bizantino: la chiesa di Santa Maria di Ripalta, e al convento, il paliotto del Redentore, mutilato dal furto di quattro statuine lignee e dall'eliminazione della predella. L'Occidente, invece, dal Rinascimento in poi afferma un'arte sacra naturalistica, in cui rappresenta più le apparenze del fisico umano che non le altre realtà dei suoi destini. Nelle nostre chiese i pittori, Francesco da Tolentino (1530), alcuni anonimi (1800), Natale Penati (1937), Amedeo Trivisonno (1943), Nicola Bucci (1954) Franco Forte (1991), ripercorrono con le loro opere, insieme a tanti scultori, questo arco di tempo.
 
 Un pittore nostrano
 A parte i vari artisti che ci hanno lasciato nei luoghi di culto opere di valore o di semplice artigianato, ma pur sempre degne di essere venerate, in quanto consacrate dai ministri di Dio, ci piace ricordare il pittore decoratore serrano Nicola Bucci . Figlio di Michelarcangelo e di D'Adamo Filomena, da bambino disegnava sui muri della scalinata di casa santi e angeli con estrema facilità. Convinto da un amico, il padre mandò Nicolino a frequentare l'istituto di Belle Arti a Napoli, retto dal prof. Domenico Morelli. Facendo il pittore-decoratore restò nella città partenopea fino al 1915, quando allo scoppio della prima guerra mondiale un dirigibile austriaco diffuse dei volantini invitando la popolazione ad allontanarsi da Napoli. Tornò a Serracapriola dove incontrò Fabio Sanfelice duca di Sancipriano, già conosciuto a Napoli, che gli fece amministrare la sua tenuta agricola al posto del vecchio amministratore richiamato in guerra. Alla fine del conflitto voleva ritornare a Napoli per continuare la sua attività di pittore, ma fu convinto dai genitori e dal duca, che sperimentò la sua onestà e rettitudine, a restare nel paese natio, dove il Bucci alternò la sua attività di amministratore a quella di pittore. Lavorò agli affreschi della chiesa del convento. "In tali lavori di arte, il pittore Amedeo Trlvissonno do Campobasso è stato coadiuvato dal prof Nicolino Bucci di Serracapriola, il quale nella parte decorativa si è mostrato veramente geniale, maestro del pennello" (padre Ilario da Teano 1946). Dipinse diverse effigi nella chiesa di San Mercurio, della Trinità e di Sant'Anna. Decorò le volte di alcune stanze del castello Maresca, della casa del duca Sanfelice, di Carlo de Nardellis, di Virgilio Gatta, di Antonio Gatta, della famiglia Magnacca. Infine decorò la cripta della basilica di san Timoteo a Termoli e nell'anno 1954 un convento dei Cappuccini in provincia di Caserta. Nicola Bucci morì serenamente ed umilmente, così com'era vissuto, all'età di 77 anni nel suo paese, che lo vide nascere il 6-2-1886.
 Da qualche anno è entrata a far parte dell'iconografia sacra della Chiesa anche l'effigie di Padre Matteo da Agnone, grazie al ritratto ad olio su tela del cappuccino in odore di santità, dipinto dal pittore serrano Franco Forte.