Antonio Gallo nacque a Serracapriola il 7 novembre 1938 da Alessandro (11-01-1902 / 22-03-1963) e da Maria Carducci (07-01-1903 / 05-06-1957), entrambi deceduti per emorragia cerebrale. Primogenito di tre figli: Egidio (25-02-1941, deceduto a Foggia il 07-11-2009) ed Erminia (n. 05-07-1943), fin da piccolo si distingueva per la sua intelligenza, il carattere riservato, incline alla riflessione e al servizio verso gli altri.
Dopo aver frequentato la scuola primaria e secondaria inferiore a Serracapriola, per continuare gli studi nella secondaria superiore assieme ad altri coetanei serrani (Mercurio Galasso, Giuseppe Gentile, Lorenzo di Carlo) fu mandato a Lucera nel convitto nazionale “Ruggero Bonghi” dove frequentò il liceo classico, perseguendo la licenza liceale con il massimo dei voti.
In quel periodo i segni della chiamata al sacerdozio erano frequenti. Quando si andava in “libera uscita” per Lucera, in fila per due con il caposquadra che faceva segnare il passo, controllati sempre dall’istitutore, mentre gli altri convittori scherzosamente portavano come copricapo la bustina militare, fatta con carta di giornale, Antonio si distingueva nel gruppo per la sua mitria vescovile.
Dopo la maturità classica Antonio era combattuto se perseguire la cura del corpo e quindi iscriversi alla facoltà di medicina o curare l’anima ed entrare in seminario. Per accontentare la famiglia si iscrisse alla facoltà di medicina presso l’Università Cattolica di Roma. Nonostante gli ottimi risultati che otteneva il suo pensiero era sempre rivolto alla vocazione che covava fin da piccolo. Al quarto anno di medicina, contro il volere di alcuni parenti che lo avrebbero voluto in camice bianco, preferì l’abito talare. Abbandonò gli studi ed entrò nel 1961 in seminario a Larino dove restò un anno, vescovo Mons. Costanzo Micci. Nel 1962 entrò nel seminario di Benevento, allora Pontificio Seminario Regionale Pio XI, dove restò per cinque anni fino alla vigilia dell’ordinazione.
A Serracapriola, nella parrocchia di San Mercurio Martire, presieduti dal vescovo C. Micci, vennero celebrati tutti i riti che lo portarono al sacerdozio: il 9 settembre 1962 la sua vestizione clericale; il 23 febbraio 1964 la tonsura (chierica), piccola rasatura tonda sulla sommità del capo, che segnava il passaggio dallo stato laicale a quello clericale (rito abolito dal papa Paolo VI nel 1972); il 30 agosto 1964 ostiario lettore verso il sacerdozio “per farsi tutto a tutti”; suddiacono il 14 agosto 1966; diacono il 6 gennaio 1967; chiamato da Cristo per la parola del suo Vescovo a servire come sacerdote la Chiesa Larinese, è stato ordinato il 25 giugno 1967 da sua Ecc.za Mons. Costanzo Micci, Vescovo tit. di Maiuca, amministratore Apostolico di Fano, già vescovo di Larino.
All’ordinazione oltre i familiari, parenti e amici, intervenne tutta la comunità serrana e le autorità civili e religiose: Primiano Magnocavallo, assessore alla Finanza nell’Amministrazione Provinciale, il sindaco di Serracapriola Giulio Gentile, dodici suore francescane con le loro orfanelle. Concelebrarono con il vescovo mons. Costanzo Micci: mons. Nicola Silvestris, Cameriere segreto di Sua Santità Paolo VI; il rettore del seminario; il superiore del convento dei cappuccini, padre Ludovico da S.Giovanni Rotondo; i parroci don Vincenzo Chimisso e don Adamo D’Adamo; il parroco di Chieuti don Nicola Giordano, il neo sacerdote ordinato nel 1966, don Antonio Ferreri; il diacono don Angelo Castelli di Rotello (CB), oggi parroco a Santacroce di Magliano; don Domenico Iannotta oggi parroco a Letino (CE); il seminarista quattordicenne Renato Orlando, futuro parroco di Serracapriola.
Il 29 giugno don Antonio Gallo celebrò la prima Messa nella chiesa parrocchiale di S.Mercurio Martire e iniziò il suo apostolato ufficiale nella chiesa di Gesù Cristo.
Il giovane sacerdote operava in obbedienza con don Vincenzo Chimisso, parroco di S.Mercurio, e con don Adamo d’Adamo, parroco di S.Maria in Silvis, sostituendoli quando era necessario. Spesso il suo entusiasmo nel voler evangelizzare con rigore cristiano veniva bloccato. Così si confidava in famiglia: “La sofferenza è inevitabile anche nel ministero sacerdotale”.
Celebrava la messa giornaliera nella chiesa della SS.Trinità, dove il 4 aprile 1970 mentre celebrava i divini misteri al fianco di mons. Valentino Vailati (vescovo di S.Severo dal 1960 al 1970) morì a meno di 32 anni per edema polmonare. Nel 1972 Serracapriola passò alla diocesi di San Severo.
Don Antonio Abbatiello, parroco di Sant’Agata dei Goti (BV), conosciuto quest’anno dallo scrivente occasionalmente a Lourdes, dove il sacerdote ogni anno si reca nelle vesti di confessore, con la sua testimonianza ha ricordato il suo amico don Antonio Gallo con cui aveva studiato nello stesso seminario di Benevento: Era un vero amico, una persona esemplare, molto intelligente e colto. Al ritorno a Serracapriola, andate al cimitero e dategli un bacio da parte mia.
Per esprimere i suoi ricordi e sentimenti per don Antonio Gallo il parroco don Antonio Abbatiello usa la forma epistolare: immagina di raccontare a lui quello che gli è rimasto sempre nel cuore.
Stimato e sempre amato don Antonio,
per parlarti e parlare di te ho scelto lo strumento più comune, la lettera, perché meglio di ogni altro mezzo essa raccoglie i sentimenti del cuore e li trasferisce nell’animo di chi legge.
Scrivo in questo anno 2010 nel quale ricorre il 40° della tua dipartita da noi gruppo degli ordinati ’67. Fosti il primo ad andartene, e così presto, e in seguito qualche altro ancora ti ha raggiunto.
Mentre scrivo ti ho qui davanti, nella foto in bianco e nero della tua ordinazione diaconale, che volesti donarmi per la grande amicizia che ci legava e me la porgesti ricolmo di gioia per aver raggiunto quasi al completo la meta desiderata. Ti contemplo nella ricca bellezza della dalmatica e nella solenne serenità del tuo volto. Il cuore mi batte e la mente corre agli anni lontani della nostra formazione.
Venisti al seminario – era allora il Pontificio seminario Regionale Pio XI di Benevento – venisti giovane universitario con la tua già ben delineata personalità, maturo nella vita psico-affettiva, nella vita culturale e soprattutto nella vita spirituale. Una vocazione tardiva – come si diceva nel gergo dei seminaristi – era un fatto eccezionale e poteva presentare serie difficoltà per l’inserimento nel gruppo e nella vita regolata ed esigente della comunità. Ma per te non fu così, perché tu eri sereno ed entusiasta nella scelta fatta e volenteroso e ardente nel superare gli ostacoli nella corsa verso il traguardo. Ci stava davanti l’altare e tu ne gioivi di cuore e questo cementava i nostri animi man mano che passavano i mesi.
Ti inseristi nel gruppo con un grande senso di serena amicizia, un’amicizia che un po’ alla volta diventava stimolo e laboratorio di iniziative utili alla formazione di tutti. Avevi decentrato il tuo io e le tue scelte e ogni tua attività portava, perciò, il sigillo della gratuità del dono di te stesso agli altri.
Di quegli anni tre cose mi sono rimaste impresse nel cuore e nella mente: in primo luogo la tua capacità di immergerti nella preghiera e nella meditazione, che rivelava un lungo esercizio più che se fossi stato in seminario fin dalla preadolescenza; in secondo luogo, la gioia della verità che ti faceva risplendere nel profondo dell’animo
lo studio della filosofia scolastica secondo il pensiero di S.Tommaso d’Aquino, gioia che manifestavi candidamente a noi ed anche in classe ai professori, meravigliato che ci fossero dei pensatori indisposti a ben valutarla ed accoglierla; in terzo luogo, il servizio ai poveri come dimensione essenziale della nostra formazione in vista del futuro ministero pastorale.
Ricordo con tutta la gratitudine dell’animo le visite con le quali ci aiutasti, e particolarmente aiutasti me, a scoprire il “ricovero” di S. Pasquale a Benevento, tenuto, mi sembra, dalle suore vincenziane della carità, dove ricevevano una certa assistenza poveri, disabili, malati cronici, malformati di natura, insomma un piccolo Cottolengo alla periferia della città. Fu per me una visione da shok che mi apriva però a una realtà mai filtrata attraverso i bianchi muri del seminario e attirava la mia attenzione sulle piaghe e sulle croci di tanti nostri fratelli.
Amato don Antonio, voglio dirti grazie con sincerità di spirito per il bell’esempio di vita che mi desti; ti voglio dire grazie per quanto di bene mi aiutasti a realizzare nella mia vita e nella vita degli altri.
Ti contemplo sereno qui nella foto e dalla foto alzo lo sguardo in alto e ti contemplo immerso nella beata pace rivestito degli abiti sacerdotali per la perenne liturgia del cielo. Prega per me e per il tuo gruppo del ’67. Ti abbraccio con tutto l’affetto del cuore.
Questa testimonianza e la vita di fede di don Antonio Gallo sono esempi di luce viva nel difficile cammino della CHIESA.