Nel 1912 in Italia soltanto quattro persone su mille possedevano l'automobile.
A Serracapriola la sostituzione degli animali da tiro con i CV motori
dei primi automezzi iniziò molto più tardi.
La bicicletta, a cui si applicava un motorino, fu il primo semplice mezzo
che dava la possibilità anche ai meno abbienti di motorizzarsi. Uno
di questi ciclomotori, superstiti, con motore Mosquito a rullo dicilindrata
48, è stato restaurato dal maestro Michele Tartaglia di Chieuti che
possiede anche una Lambretta 125 L.D., una moto Guzzi 250 Airone e una M.V.
125.
Nel 1931 ci fu l'inaugurazione della Strada Statale 16, Litoranca Adriatica,
che, attraversando Corso Garibaldi, cuore del paese, avrebbe dato a Serracapriola
sviluppo economico per un trentennio. Un anno dopo (era il momento in Europa
e nel mondo delle utilitarie), il 12 aprile 1932, la Fiat lanciò
al Salone dell'Automobile di Milano la Balilla. "l'Automobile che
va finalmente verso il Popolo, il dono della Fiat agli italiani"-
C'erano già la 509, la 514, la 521 e questa utilitaria avrebbe dovuto
chiamarsi scmplicemente 508. Ma si preferì il nome storico dell'eroico
ragazzo Giambattista Peraso, detto Balilla. La berlina Balilla a quattro
posti e due porte era lunga 314 centimetri. Il motore a 4 cilindri. a corsa
corta e a valvole laterali, con un rapporto di compressione di 5,6 a 1,
erogava 20 CV. La velocità massima era di 80 chilometri all'ora,
ma si consigliava la velocità di crociera di 55-65 chilometri orari.
Con un litro di benzina, che costava 1,90 lire, l'auto faceva 13- 14 chilometri.
La tassa annua di circolazione, istituita nel 1931, era di 500 lire. La
Balilla fu messa sul mercato al prezzo di 10.800 lire, fu prodotta per cinque
anni, fino al 1937 e la Fiat ne sfornò 113.000 esemplari. Poi il
primo modello lasciò il posto alla nuova Balilla 1100, non era più
un'utilitaria ma un'auto di media cilindrata.
In questo periodo, quando i pochissimi benestanti come i De NardelIis
avevano le loro automobili private, fecero capolino i primi tassisti. Tra
cui ricordiamo Antonio del Carretto, Mercurio Centuori, Ubaldo
Giannini e Vittorio De Meo con le loro Balilla. Era il momento
magico della Fiat. Infatti nel 1935 l'industria automobilistica torinese
ebbe successo con la 1500 e nel 1936 rivoluzionò il mercato con la
Topolino, la prima vera utilitaria a prezzo contenuto.
Intanto nelle loro officine i primi meccanici - tassisti o camionisti
(Portincasa Salvatore aveva modificato a carbone la sua Lancia Lampada,
de Girolamo Fortunato usava un camion 18 P e una Overland americana)
alternavano il lavoro di riparatori a quello di trasportatori. Carlo
Pergola, Ubaldo Giannini e Gaetano Moscariello fondarono
una società di autotrasporti lavorando con autocarri della FIAT 18
BL a gomme piene. Quest'ultimo con i figli iniziò a trebbiare per
conto terzi con la trebbiatrice mossa da grosse pulegge dalla locomobile.
Negli anni 40 le difficoltà di approvvigionamento di benzina o
di carburanti alternativi spinsero a poco a poco le poche auto in circolazione
al sicuro, lontano dalle mani predatrici dell'esercito tedesco, che nel
1943 emanò dei bandi per requisire tutte le vetture disponibili.
Dimenticata l'auto ci restò la bicicletta e l'asinello.
La fine della guerra con l'entrata degli alleati riportò in auge
l'auto. Il rifornimento di benzina si faceva alla pompa manuale della Esso
di cui vediamo ancora i resti arrugginiti lungo il corso. Alla fine degli
anni quaranta la 500 C Topolino fu in produzione dal 1950 al 1955 e rispetto
ai modelli classici A e B recò importanti modifiche nella carrozzeria,
nell'impianto di riscaldamento e nel disappannamento del parabrezza. Costava
625.000 lire. Era disponibile anche in versione Giardinetta a quattro posti
al prezzo di 775.000 lire. In quegli anni c'era anche la 500 C Belvedere
in versione Giardinetta metallica.
Al rombo dei motori delle auto si univa quello delle motociclette Gilera
e Maserati. Queste ultime venivano date a noleggio dal meccanico Mario
de Girolamo il cui impegno primario era quello di riparare con perizia
nella sua officina ogni automezzo. Mario Ciancia e i fratelli Portincasa
non erano da meno come meccanici, quando ancora si vedeva qualche automezzo
con trazione a catena e fanali a gas.
Poi comparvero i primi scooter. Il primo modello della Lambretta era
uscito nel 1946. ln quegli anni si contesero il primato la Vespa e la Lambretta.
Ma questa venne considerata più robusta e più stabile. Mentre
la Vespa rimase sempre fedele alla forma tondeggiante che le aveva dato
il nome, la Lambretta cambiò continuamente nel tempo. A partire dalla
terza serie il tubo venne immerso in una carenatura. Più tardi, irrigidendo
le forme, diventò più squadrata. Nel 1966 nello stabilimento
milanese di Lambrate nacque la nuova Lambretta 125 M 4 che costava 133.000
lire. L'esclusiva per la vendita e per la riparazione dei mezzi motorizzati
a due ruote l'ebbero Luigi Ciro Pennelli & Figli che avevano la concessionaria
della Vespa e i fratelli Fortunato & Michele di Cesare che trattavano
la Lambretta della Innocenti (della quale i primi ad avere la concessionaria
furono Antonio Tardiola e poi i fratelli Portincasa) e le moto MV.
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