Ennio Petti è l’unico coltivatore a Serracapriola che da dieci anni conduce la sua azienda ad agricoltura biologica. Dopo i tre anni necessari per la sterilizzazione dei suoi 30 ettari di terreno in contrada Cesine, nel 1998 ha ufficializzato con la certificazione delle colture biologiche la sua attività. Coltiva ortaggi, legumi (fagioli, ceci, fave, lupini) e cereali (grano, orzo). Anche i due piccoli oliveti in contrada S.Angelo e Boccadoro di 75 alberi (il cui raccolto nel 2005 è stato di 42 quintali di olive) gli danno il prodotto biologico.
Oggi Ennio sulla soglia dei sessant’anni (nonostante gli acciacchi e lontano dal pensare alla pensione) ci parla del suo lavoro che continua ad espletare con entusiasmo su 15 ettari di terreno in contrada Cesine. Quest’anno, in avvicendamento alla coltura precedente di leguminose, ha seminato il grano. In ogni agricoltura seria è risaputo il valore della rotazione/avvicendamento per la fertilità del terreno e per prevenire l’attacco degli organismi dannosi.
Quando inizia i lavori e come procede?
Già nel momento della trebbiatura, con la trinciatura della paglia. Aro il terreno superficialmente con il frangizolle. Interro le stoppie in due fasi, a distanza di 15 giorni l’una dall’altra.
Altri le bruciano. Il fuoco blocca il ciclo naturale, distruggendo l’ecosistema e tutto ciò che incontra.
Poi eseguo la
trapuntatura per far arieggiare il terreno e preparo il letto da semina con i ripassi.
Quali sementi usa e come avviene la semina?
Le varietà del seme biologico sono le stesse del convezionale; quest’anno ho usato il Quadrato e il Claudio. Semino normalmente ma con una variante: chiudo le bocchette della seminatrice che si trovano dietro le ruote del trattore, in modo da lasciare sul terreno delle strisce non seminate che mi serviranno per i lavori di strigliatura.
Che cos’è la strigliatura?
È la fase più importante della coltivazione biologica. Con lo strigliatore elimino le erbe estranee agevolando l’ossigenazione del terreno. Intanto la paglia funge da filtro per il ristagno dell’acqua e da concime quando marcisce. L’opera dei lombrichi, aiutata dall’umidità della paglia, contribuisce a vivificare l’ecosistema. Uso i concimi organici per rafforzare la crescita delle piantine.
Altri con l’uso del disserbante e dei pesticidi distruggono, insieme con le erbacce, anche gl’insetti utili alle colture successive e limitano la crescita del grano che avrà bisogno poi di altre sostanze come i nitrati azotati.
Quali i vantaggi e quali gli svantaggi del biologico?
Ci sono soltanto vantaggi. Con questo tipo di coltura ho riacquistato la salute. Prima della conversione dei terreni, quando usavo i concimi chimici ed i disserbanti, ero intossicato e non riuscivo a respirare. Lavoro in simbiosi con la natura, rispettando l’ambiente, alimentando l’ecosistema fatto di svariati animali e piante, riscoprendo gli antichi profumi della campagna e il cinguettìo degli uccelli. Dal raccolto, che a volte è superiore a quello degli altri, ho un reddito soddisfacente che rafforza le mie convinzioni sul biologico. Nel 2005 ho prodotto 35 quintali di frumento per ettaro, pagatomi 18 euro al quintale. Con l’aiuto biologico di 117 euro ho ricavato in tutto (117+140) 257 euro.
Spero che la mia testimonianza sia di esempio e che questo tipo di coltura possa svilupparsi nell’agro serrano.