Anticamente il tempo veniva scandito dal suono delle campane delle chiese
di San Mercurio e di Santa Maria. I rintocchi segnavano le ore della giomata
dall'Avemaria, Avemmèrì, mezz'ora dopo il tramonto
del sole. Ventunòre veniva battuto tre ore prima del
vespro. N'òre de nott era la prima ora di buio. Mètutine,
la prima ora del giorno, chiamava a raccolta i contadini in chiesa per far
recitare le orazioni prima di andare nei campi. Mèzzejòrn
sanciva l'ora del pranzo. Così i sacri bronzi servivano il nostro
popolo già acculturato da un'antica esperienza basata sulla direzione
della luce del sole in correlazione all'alternarsi delle stagioni.
Ma già nel 1743 un primo orologio pubblico forniva ai serrani
l'ora esatta, allorché furono spesi per accomodo dell'orologio
con riguardo alli pezzi come alle sfere ducati 20 e carlini 81.
Il suo meccanismo era stato sistemato nel basamento cubico della
torre che si ergeva sul muro di cinta poco a lato della Portella. Questo
era provvisto di due quadranti, l'uno verso l'interno, l'altro verso l'esterno
dell'abitato e vi si accedeva attraverso una scala interna dal vano terraneo,
a bottega, saliva fino alle celle. Era dunque una torre scalaria. Sottostante
la torre era stato ricavato un ampio vano, in origine alloggio e riparo
dei guardiani della porta. Nel vano aveva trovato posto, in tempi più
vicini, la bottega di un orologiaio (relugère) al quale era
stata affidata la cura e manutenzione dell'orologio. (A.deLuca}.
Questo artigiano, con la qualifica anche di orefice fonditore, come ci
conferma il nipote materno Nino Caiafa, anch'egli orologiaio, era
Michele Galasso, che venne a Serra nel 1845 da Santacroce di Magliano,
dove nacque il 12/3/1825. Abitava in via XX Settembre 46. La figlia Anna
Carmela sposò il carabinier Matteo Caiafab di Luigi,
originario di San Marco in Lamis, orologiaio pro tempore quando venne a
Serra nel 1911. I figli di questi: Aladino e Matteo Romolo,
detto Nino, continuarono il mestiere di famiglia.
Intanto un nuovo orologio da torre funzionava su Palazzo Arranga. Infatti,
quando fu deliberato ed eseguito l'abbattimento del muro, della Portella
e della torre con l'orologio nel giugno del 1905, il sindaco Giuseppe
Castelnuovo con atto del 24 luglio1905 acquistò presso la ditta
Fontana di Torino un nuovo segnatempo pubblico che fu installato
nella torretta del Municipio. Mezzo indispensabile per il popolo, sprovvisto
di orologi da tasca. Il meccanismo (ancora oggi funzionante) è a
carica manuale, simile a quello della Portella, con bronzine, funi, pesi
e tre quadranti.
Oltre il pendolo cominciava a diffondersi l'orologio da tasca, la
cipolla. Oignon come lo battezzarono i francesi. Dalla cassa
sferica e ingombrante, da somigliare, appunto, ad una cipolla. Inizialmente
veniva custodito in un borsino di pelle. Poi in un apposito taschino ricavato
nel gilè dell'uomo di classe. Alla domanda "Che ore sono?"
si tirava fuori, con ostentato piacere dal panciotto un Audemars Piguet
o un Patek Philippe assicurato dalla catenina, chatelaine,
con gancio, all'asola della giacca.
Gli orologiai Aladino e Nino Caiafa, oltre ad avere la
manutenzione dell'orologio comunale servivano con competenza e scrupolo
professionale tutti i clienti, non solo serrani, ma di tutta la zona circostante.
Erano in grado di riparare orologi anche quando non si trovavano i pezzi,
ricostruendoli con caparbia passione. Il loro laboratorio era ricco degli
antichi strumenti di famiglia e pezzi di ricambio conservati con cura: mobiletto
a cassetti per viti con punzoniera, scatola di bilancieri, di rubini, di
ingranaggi, torni di varia grandezza. Non mancava il registro delle riparazioni
dove venivano riportate: la data di consegna, il nome del cliente, la riparazione
effettuata e il prezzo. Sulla cassa di ogni orologio veniva punzonato un
numero progressivo che serviva per una eventuale nuova riparazione. Dopo
un periodo di collaborazione con il fratello, Nino si trasferì a
Milano dove lavorò come orologiaio in una ditta di montaggio, restando
sempre legato al suo paese dove ama tuttora prestare il suo servizio durante
le ferie. E nel ripulire anni fa il braccio in argento e oggi l'urna benedetta
di San Fortunato Martire ha conferrnato le sue capacità di artigiano
poliedrico. Fortunato, figlio del defunto Aladino e Paolo
di Nino continuano in quel di Milano a perpetuare il mestiere della famiglia
Galasso-Caiafa
Oggi Angelo Antonio De Capua è l'unico orologiaio del paese.
Emigrato nel 1959 in Francia, a 14 anni entrò a lavorare in una ditta
di montaggio di orologi, prima come apprendista e poi con la qualifica di
orologiaio fino al 1977. Ritornato a Serra aprì un laboratorio in
via XX Settembre. Ormai gli orologi meccanici da polso erano alla portata
di tutti. Il lavoro non mancava. Dopo tre anni di ottimo servizio, svolto
con competenza, si trasferì definitivamente in un locale più
grande, in via Settembrini n.1. Intanto si diffondono gli orologi elettronici,
al quarzo, digitali, gli swatch e nel negozio di De Capua l'attività
commerciale inerente alla loro vendita ha il sopravvento su quella artigianale.
Anche per gli orologi vale la moda dell'usa e getta.
Ma l'orologiaio non può scomparire, specie se questo artigiano
miniaturista ha nel sangue la passione per il proprio mestiere. Infatti
per la riparazione e pulitura di pendoli e di orologi meccanici, sempre
in voga, entrati nel collezionismo, necessita la sua opera.
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