L'arte di intrecciare i vimini è universalmente diffusa dalla preistoria ai tempi moderni, nel vecchio (Egitto) come nel nuovo (America) mondo. La documentano i riferimenti mitologici e la stessa Bibbia: i resti del corpo di Osiride raccolti in un cesto, il paniere usato nei baccanali in onore di Bacco; Mosé affidato al Nilo, in un canestro, assicurato su una zattera di giunchi intrecciati. Il mestiere di cestaio, già evoluto con eccezionale virtuosismo presso i Celti, fu sempre considerato come il parente povero degli altri artigiani.
 Da noi questa attività artigiana è stata sempre complementare al lavoro principale dei contadini, che, nei ritagli di tempo, aiutati dai componenti della famiglia, si costruivano i vari contenitori con il materiale che la natura donava.
 Con le verghe di olivo, salice o olmo si costruivano i corbelli, spertune, da soma, di forma concava o rettangolare, per il trasporto di frutta e verdura o del letame. Con lo stesso materiale si rivestivano i recipienti di vetro delle damigiane. Con le canne, tagliate a listelli, si intrecciavano i silos da camera, nghènnécàmmere, sorta di grossi cilindri per conservare il grano. Con listelli più stretti e più corti si ottenevano i cesti per le pagnotte di pane da portare a cuocere al forno. Invece le cannucce, tagliate a pezzi, senza nodi, chènnèll, e infilate in altrettanti fili di ferro, formavano la tendina snodata, chénnizz, che copriva nei mesi estivi le entrate dei bassi e difendeva dallo sguardo dei curiosi, dall'occhio indiscreto del sole e dalle mosche, le povere cose che i contadini custodivano nelle loro case. Per i balconi e le finestre, si costruiva, a mo' di stuoia, la tendina di cannucce lunghe e sottili jungére, legate con fili di canapa; spesso essa era decorata con scene di vita campestre.
 I cestai lavoravano all'aperto, sull'uscio di casa, seduti sugli sgabelli, prèvele, per avere a portata di mano il materiale e tenere poggiato a terra il fondo del cesto, che intrecciavano, senza chinarsi. Con i vimini più sottili o con la paglia di grano, rispondendo a molteplici esigenze di uso domestico, completavano un' infinita varietà di cesti, cestone, ceste, cestéll, cestellucc; di canestri, chènéstre, chènestrèll; di graticci per il formaggio e per la ricotta, fruscèll; di panieri, pènére, pènérine; di spase, spèse.
 Per ciò che concerne la tecnica, c'erano due procedimenti fondamentali: la spirale e l'incrocio con un certo numero di varianti. In genere l' intreccio non richiedeva né utensili, né apparecchiature. Occorreva soltanto qualche coltello per tagliare, sbucciare e sfilacciare il materiale e nel caso della tecnica a spirale una lesina, sugghje, per forare gli elementi. Contrariamente alla lavorazione a fili intessuti o cordonati, con l'uso della paglia si avevano fili avvolti a spirale. La lavorazione del cesto cominciava al centro della base. Questi fasci di paglia venivano in seguito attorcigliati a spirale e legati. L'incrocio aveva le sue varianti. Il tipo a scacchiera si otteneva con un semplice incrocio di due serie di strisce di materiale, disposte a guisa di trame e ordito. La tecnica a scala si eseguiva nell'intreccio proprio come nella tessitura. La lavorazione più in uso da noi era a graticcio, in cui la trama flessibile era intrecciata con ordito rigido.
 Molti cestai si dedicavano anche alla fabbricazione di granate con la saggina, di ramazze con i rami di betulla e delle morbide scope per le volte, musce, con le pannocchie delle cannucce. Impagliavano le sedie, usando la lunga erba palustre, vugghje, che cresceva abbondante nei canali. C'era anche chi intrecciava con la paglia il simbolo del dolore. Il pensionato D'Onofrio Ernesto fino al 1992 costruiva croci decorative con i culmi di grano e le donava a conoscenti, a sacerdoti, persino al monsignor dott. Angelo Majo, arciprete del duomo di Milano, che nel 1986 gli inviò una commovente lettera di ringraziamento.
 Oggi i superstiti contadini-artigiani hanno rinunciato alla loro attività, per la diffusione degli anonimi, ma pratici, contenitori di plastica, proposti dall' industria a basso prezzo. SoltantoAntonio Ferrero continua, per hobby, a rivestire abilmente bottiglie di ogni dimensione con i fili elettrici, che, per la duttilità del rame plastificato, si prestano a questo tipo di lavoro.