Di solito i genitori mandavano i figli più gracili e delicati,
non idonei a sopportare le fatiche di mestieri più pesanti, ad apprendere
il mestiere di barbiere. L'apprendistato era quello di osservare u
màstre mentre lavorava, di porgergli i vari attrezzi: forbici,
pettine, tosatrice, spruzzatore, la bacinella incavata sull'orlo, il pennello,
il rasoio ben affilato prima sulla pietra e poi sulla coramella, strapp,
che pendeva in un angolo del Salone. Così gli apprendisti,
come prima prova, imparavano ad insaponare, finché essi stessi diventavano
màstre.  Seguendo la più antica tradizione, i primi barbieri sconfinavano
dal loro mestiere e s'improvvisavano cavadenti e flebotomi. Vincenzo
De Simone nel suo salone, al n.2 di Piazza Vittorio Emanuele III, con
aghi e ferretti arroventati curava carie e ascessi. Disinfettava le piccole
ferite con la tintura di iodio, quelle lacero- contuse con aceto bollente
e sale da cucina. Praticava salassi applicando sanguisughe ai clienti ammalati.
Preparava unguenti per spurgare i foruncoli e per curare le dermatiti.
Per chiarire la funzione del negozio da barbiere bisogna rifarsi
all'epoca in cui non esistevano né rasoi di sicurezza, né
i radi e getta, né tanto meno i rasoi elettrici e la grande
maggioranza dei serrani aveva i baffi, molto spesso uniti a una barba più
o meno fluente. Era evidente quindi la necessità del barbiere. E
se per i ceti più abbienti era consuetudine farsi servire in casa,
commercianti, artigiani e contadini frequentavano i saloni di Brancaccio
Vittorio, Ciarallo Umberto, Marolla Francesco, Partenope
Ostilio, Oronzo Giuseppe, Guerino BaIice, Candini Giuseppe,
Ruberto Antonio, Pucarelli Gino (in pensione dal 31/12/1998)
e di tanti altri, che diventavano dei veri centri di contatto sociale. I
clienti, in attesa di farsi radere (incombenza frequente che avveniva più
volte alla settimana), facevano salotto, contribuendo a ravvivare il già
nutrito notiziario sulla vita del paese.
Questi maestri della cosmesi maschile donavano alla fine di ogni anno
a tutti i clienti un profumatissimo e frivolo calendarietto a colori, dove
le figure femminili seminude erano prevalenti. Essi, infatti, intascando
la mancia, consegnavano sorridendo con misteriosa complicità l'omaggio,
che trovava ospitalità nei portafogli di compiaciuti signori borghesi.
La presenza delle "donnine" era una costante nella produzione
dei calendarietti da barbiere, a volte troppo "audaci" in rapporto
alla morale dell'epoca.
Alcuni barbieri, appassionati di musica (il mestiere leggero,
oltre ad essere intrigante, permetteva di far sviluppare doti artistiche
nascoste), quando c'era la possibilità, trasformavano i loro negozi
in centri di ascolto di musica dal vivo. Fortunato D'Alesio, Nètucc
Pètèline, suonava mirabilmente il mandolino mentre
l'inseparahile Cerri, Sèntucc, lo accompagnava
con la chitarra. Luigi Tronco, Giggine Schèscign,
solista di trombone da canto e bomhardino, nonché provetto maestro
di musica lirica, fondò un complesso bandistico di 32 elementi nell'anno
1944. Guido Petti al sassofono e Antonio D'Amicis, Pelill,
alla tromba, invece, facevano parte della locale orchestrina Scintilla.
Per le donne era "sacrilegio" il taglio dei capelli. Anzi
più ne avevano e più ne volevano. I lunghissimi capelli corvini
avevano bisogno di essere curati e pettinati spesso. Il personaggio addetto
a questo compito era la pettinatrice, chépellére,
che andava a servire le clienti a domicilio. Nell'attesa, mentre i calmistri,
chèstagne, si scaldavano sulla carbonella, le donne
si disponevano sui ballatoi, vegnèle, mettendo in mostra
la qualità e la lunghezza delle chiome che dovevano arrivare all'altezza
del ginocchio. Con l'opera della pettinatrice, prendevano man mano forma
le lunghe trecce, i boccoli fatti con le arricciatrici calde, e le complicate
costruzioni, i tupp, tenute insieme dai pettini. L'odore nauseante
dei capelli bruciati si univa alle confidenze e alle intimità inconfessabili,
tutte femminiIi.
Intanto cominciava a diffondersi la lametta da barba, inventata da King
Campbell Gillette, ideatore anche del rasoio di sicurezza, che rivoluzionò
il costume dando la possibilità ad ogni uomo di radersi facilmente
in casa propria. Una necessità determinata da una vita che diventa
sempre più frenetica per via della meccanizzazione. Per cui l'attesa
per radersi dal parrucchiere è un privilegio per i pochi (ancor più
per la diffusione dei radi e getta e del rasoio elettrico), che esigono
un servizio perfetto, fatto di delicatezza e professionalità.
Oggi la bizzarra moda unisex (taglio o doppio taglio di capelli lunghi
o cortissimi, codini, teste maschili e femminili spinose o rapate, capelli
lucidi di gel o tinti a più colori) e il ritorno dei baffi, delle
barbe fluenti, dei pizzetti appena accennati, rendono sempre movimentati
i negozi dei parrucchieri sia per uomo di Balice Luigi, Balice
Domenico, Guidone Michele, Orlando Dino, Silvestris
Giancarlo, Siricola Giuseppe, Sozio Casimiro, che per
donna di Carnevale Stefania, Cerri Milena, D'Errico Fabrizio,
Ferrero Amelia, Giannubilo Maria Concetta, Petti Guido.
Chissà, forse un domani i negozi dei parrucchieri diventeranno unisex,
specie se alle donne continuerà a piacere essere rapate, e in più
poter avere barba e baffi con una cura di ormoni. Ma...., dove c'è
gusto non c'e perdenza; anzi, c'è qualcosa in più per avvicinarsi
alla parità.
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