Dopo la trebbiatura la paglia, che era restata sul campo, veniva trasportata
nei pressi dell'aia all'aperto per la conservazione. Il metaiuolo (metèjole)
con la forca (fòrch') insieme alla sua squadra ammucchiava
la paglia (pàgghje) a strati sovrapposti e man mano
che il cumulo aumentava di volume, la trasportava in alto con il telo (rèchènèlle)
mediante la scala, pressandola bene, fino a costruire la meta (méte)
alta anche quanto una casa.
Egli doveva essere altamente specializzato nel suo lavoro, se voleva
che il cumulo di paglia non cadesse al primo vento. Mestiere ingrato il
suo, perché, oltre a lavorare sotto i raggi infuocati del sole, era
a continuo contatto con la polvere di paglia (pègghjone)
che tanto prurito dava mista al sudore.
Poi alla meta si faceva la "camicia", cioè si rivestivano
gli spioventi del tetto con stoppia trattenuta da verghe intrecciate orizzontalmente.
La cima degli spioventi veniva ricoperta di pula e terra, in modo da formare
un impasto uniforme, per dare la possibilità alle acque piovane di
defluira senza bagnare la paglia sottostante.
Generalmente le forme delle mete erano tre, tutte in relazione al quantitativo
di paglia da accatastare: a forma di casa a base rettangolare, di mezzo
uovo, di "tucul", la tipica abitazione cilindrico-conica dell'
Africa orientale.
Anche oggi vi sono le mete, ma è facile costruirle, perché
si tratta soltanto di mettere una sull'altra, con una piccola gru, le balle
di paglia già pressate e legate a macchina da un apposito attrezzo
agricolo meccanico e sistemarle a forma di parallelepipedo. All'occorrenza
la paglia veniva trasportata dagli animali in sacchi perché, mescolata
all'avena (véne), rappresentava il cibo normale degli
animali durante l'inverno.
Si spargeva anche a strati (lettére) sul pavimento
delle stalle, sotto gli animali e frammista al loro sterco e all'urina,
formava il letame (fumére), che serviva a concimare
i campi.
La si trovava sotto forma di una carta pesante color ocra ('a cart'
dì mècchèrun) con cui il macellaio (chiènghére)
avvolgeva la carne e il droghiere (putechére) i maccheroni
lunghi 40 cm. circa, venduti sfusi.
Altri generi di carta, come quella di colore azzurro cupo usata per incartare
lo zucchero, ben ripiegati e conservati in un apposito cassettone, venivano
riciclati per fare altri pacchi.
Infatti non si poteva andare dal tabaccaio a comprare il sale senza portarsi
dietro un foglio di giornale.
Oggi, invece, si vive in mezzo agli sprechi, si butta via tutto, a volte
non solo la carta, ma anche gli alimenti che essa contiene.
La paglia si utilizzava per alimentare i forni dei fornai, le fornaci
dei vasai e dei mattonai. La usavano anche i pagliaioli per fare i cesti
e i sellai per imbottire i finimenti.
L'uso della paglia oggi nell'agro del nostro paese è limitato
a piccoli allevamenti di ovini.
Dopo la trebbiatura "l'Istituto Poligrafico dello Stato" di
Foggia ritira da tutta la campagna circostante la paglia da trasformare
in carta e cellulosa.
Ogni anno l'umile paglia corona il suo servizio all'uomo accogliendo
nella mangiatoia il Salvatore del mondo.
La bruciatura delle stoppie
Ben regolamentata, la bruciatura delle stoppie (restòcce)
avveniva dopo il quindici di agosto.
I contadini, dopo aver scrupolosamente fatta la pricesa, controllavano
la direzione del vento e davano fuoco alla paglia, vigilando sempre su eventuali
salti di fiamma, poiché allora la vegetazione era rigogliosa. Lasciavano
i campi soltanto dopo essersi assicurati che i fuochi si fossero spenti.
Oggi invece, nonostante la rada vegetazione, per cui dovrebbe essere
agevole controllare il fuoco delle stoppie, si verificano incendi disastrosi.
Altri, come quello di "Longara" dove sono stati distrutti trenta
ettari di Pini d'Aleppo, sono stati dolosi e causati probabilmente da speculazioni
edilizie.
Per la prima volta sono stati fatti decine di verbali dai membri del
Corpo Forestale dello Stato per i gravi danni causati all'ormai povero patrimonio
boschivo.
Per evitare i noti pericoli la pricesa deve essere fatta a venti metri
dal confine boschivo e le stoppie si possono accendere dopo il venti agosto.
Con la bruciatura delle stoppie si sterilizza il terreno dai parassiti,
ma lo si priva di sostanze organiche quali la paglia, per cui necessita
sempre più d'intervenire con concimi minerali che comportano l'inquinamento
di falde acquifere per eccesso di fosfati ed azotati.
L'ideale sarebbe triturare le stoppie con attrezzi specifici, poi aggiungere
l'urea e interrare, infine, il tutto marcisce con l'apporto di acqua e arricchisce
il terreno di sostanze organiche.
Maccione Ciro e qualche altro agricoltore hanno tentato di attuare il
metodo su descritto, ma hanno dovuto desistere perché crea problemi
alla semina successiva, in quanto oltre alla carenza di acqua i tempi per
completare il lavoro sono lunghi.
Per cui hanno constatato che questo maggior costo in termini di ore lavorative
e consumo di carburante non è giustificato dall'aumento di produzione
con il maggior apporto di sostanze organiche.
Un altro metodo è raccogliere le balle di paglia compresse e interrare
la restante stoppia.
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