FRA BONAVENTURA DALLE CASE MASCIE († 1649)

 Di quest'umile laico la Parva Chronica del P. Luigi da Piedelama ha questa breve e interessante notizia: "Fr. Bonaventura dalle Case Mascie, della Diocesi di Todi, religioso di gran perfezione e di spirito profetico dotato, molte cose predisse, confermate dagli eventi, fra le altre la morte di Urbano VIII e l'elezione di Innocenzo X. Morì santamente nel convento di San Giacomo diTodi, l'anno 1649". Il P. Antonio da Orvieto, il quale ha attinto da documenti che non sono pervenuti sino a noi, ci parla diffusamente della santità di Fra Bonaventura, confermata da segni straordinari. Per renderci conto della liberalità del Signore verso questo suo umile servo, bisogna ricordare che il nostro Fr. Bonaventura fu veramente umile, ed ebbe tutti i reqtusiti per esser disprezzato dagli uomini. Figlio di poveri contadini, educato alla campagna fra i pastori, senza nessuna istruzione, era inoltre deforme di corpo e storpiato nelle gambe. Accettato per grazia in convento, si fece tuttavia amare per la sua semplicità e la devozione verso i confratelli. Nonostante i suoi impedimenti corporali, egli esercitò tutti gli offici dei laici con gran premura e carità; e perchè univa le virtù esteriori a un grande spirito di orazione, si diceva che Fra Boriaventura aveva ricevuto i doni di Marta e di Maria. Sembra però che egli eccellesse nella parte di Maria. Benchè non cessasse di occuparsi negli uffici manuali, non si vedeva in nessun luogo, in nessun tempo che non fosse assorto in orazione; ed ebbe altresì il dono delle lagrime. Fu devotissimo della Passione del Signore: " Dalla sera del mercoledì, che coinincia il mattutino delle tenebre, sino al sabato che si canta l'Exultet, egli assisteva intrepido a tutti i dolori del Signore; da qui il suo stemperarsi in lagrime ed in sospiri". Per comprendere meglio i dolori del suo benamato Redentore negli ultimi tre giorni della Passione, non si contentava delle solite austerità e discipline, ma si sottoponeva a penitenze e rigori terribili e, per usar la parola del Cronista, incredibili. Si comprenderà quindi senza meraviglia che in un religioso di tali sentimenti e di tal fervore si potessero riscontrare certi doni solo propri dei santi, quali le estasi, le profezie, i miracoli, ecc.ecc. Ragionando di cose di spirito con alcuni religiosi una sera accanto al fuoco comune, Fra Bonaventura cominciò a infervorarsi, poi a un tratto perdette i sensi e non rinvenne per più ore. Un suo compagno, non capace dello spirito del Servo di Dio, dopo aver tentato invano di risvegliarlo, persuaso che fosse morto, andò a cercare del fratello laico infermiere, ma questo gli rispose tranquillamente: "Voi non conoscete quest'uomo; sappiate figliuolo che egli mena una vita più angelica che umana. Ora sarà rapito in qualche estasi: lasciatelo stare, che tornerà ai sensi quando Dio vorrà". "Altra volta accadde al nostro Fra Bonaventura di essere trasportato in estasi, mentre i suoi confratelli stavano in coro, salmodiando, e con essi si trovava un certo Prelato il quale, non so da che spirito mosso, si cavò di tasca e gli mise in mano uno zecchino d'oro. Al contatto di quel danaro, l'estatico Fra Bonaventura rabbrividì in tutto il corpo; e sebbene rimanesse fuori di sensi, gettò la moneta lontano da sè, con timore e meraviglia degli astanti". Intorno al suo spirito profetico, ecco alcuni particolari sulla predizione - accennata nella Parva Chronica - della morte del Pontefice Urbano VIII e sull'innalzamento d'Innocenzo X. Si trovava il nostro Fra Bonaventura nel convento di S. Giacomo presso Todi, e la sera sul 28 o 29 luglio, discorrendo con un suo compagno, uscì a dire che quel giorno a Roma era morto il Papa; ma a Todi nessuno poteva saperlo, giacchè non era pervenuto in questa città nessun annunzio di malattia del Pontefice.. L'indomani arrivò per corriere la notizia, diremo così, officiale: un certo Carlo Lili, notaio, corse ad annunziarla al convento di S. Giacomo, e restò meravigliato e mortificato al sentire che i frati ne erano già informati da Fra Bonaventura. Il notaio, incredulo, domandò a questo se gli fosse stato rivelato anche il nome del successivo Pontefice: sicuramente, rispose Fr. Bonaventura, e sarà il Cardinale Panfili, e si chiamerà Innocenzo. In possesso di questa interessante notizia, corse a Roma il notaio e, fattosi presentare al Cardinale, gli parlò della predizione del frate. Il Cardinale non credette, ma disse sorridendo: "Se io sarò fatto Papa, vi farò mio primo notaio". Avvenuta l'elezione, il Signor Lili si affrettò a ricordare al Pontefice la promessa; e n'ebbe infatti il beneficio d'un importante notariato a Roma ed altri favori.
  Per queste ed altre cose straordinarie che si narravano di Fra Bonaventura, era un continuo accorrere al convento di S. Giacomo di gente che si raccomandava alle sue orazioni: la Cronologia registra molte grazie e miracoli ottenuti a sua intercessione. L'anno di sua morte è incerto, ma si crede che avvenisse nel 1649.