Gli ibridismi, le manomissioni, gli abbattimenti di cose considerate come il simbolo pietrificato della nostra arretratezza, vi sono sempre stati. Dal fossato colmato che recingeva il lato orientale del caslello, all'abbattimento della Porlella nel 1905 "...sia perché minacciava rovina con l'orologio sovrastante e sia perché pareva uno sconcio quell'arco isolato che non aveva alcun pregio né storico. né artistico... (A.deLuca)".
Ma ogni complesso urbanistico, dalla catapecchia al monumento artistico, rappresenta un'epoca storica in un tutto armonico. In genere si valorizza la monumenlalità ignorando la caratteristica genuinità della comune abitazione. Ed è come fare la storia occupandosi solo di battaglie e dei matrimoni dei re.
 L'uso indiscriminato di nuovi materiali edili (cemento. rivestimenti plastici,"graffiato" anticorodal ecc.), adatti per le nuove costruzioni, ha deturpato il centro storico. Negli anni trenta dei muratori mentre smantellavano le mattonelle di maiolica dalla cupola della chiesa di San Mercurio, per poterla intonacare, si dice che abbiano esclamato : "Mò stè u cemènte, quìst ne sèrvene cchiù!" Altre manomissioni sono state fatte ad edifici pubblici e privati, a oggetti di culto di ragguanlevole pregio. I muri delle vecchie case di oltre un metro di spessore possono continuare a vivere, traspirando ancora a lungo, con i propri mattoni a faccia vista, senza essere violentati da inutili rivestirnenti plastici dai co!ori pacchiani.
 La frenesia del nuovo, del lucido, del liscio. ha contagiato tutti, specie coloro che soffrivano la fame nei fatiscenti bassi dove il mattone, la calce, il legno, il ferro, rappresentanti del passato, vengono rifiutali a vantaggio dei nuovi materiali, simboli del benessere liberatorio.
 Oltre agli atti di vandalismo perpretrati ai danni delle massicce panchine di pietra, alla scomparsa delle fontane comunali, sono stati barattati interi portali di pietra completi di porte in legno massello con ingressi di alluminio anodizzato (...ène chègnète l'occhje pà còde...).
 Ha coronato il cattivo gusto, nel centro storico l'installazione di ibridi lampioni moderni e in corso Garibaldi l'abbattimento dell'illuminazione, riprislinata poi, dall'Amministrazione Mascolo. In pochi anni Serracapriola ha fatto da vetrina a ben cinque modelli di lampioni stradali, fari esclusi. E un bel primato che fa onore alla dissipazione.